Le mutazioni possono creare nuove informazioni?


dottor Robert W. Carter (dottorato di ricerca Biologia marina)

Allo stesso modo in cui le specie non sono statiche, nemmeno i genomi. Cambiano nel tempo; a volte in modo casuale, a volte in percorsi pre-pianificati ea volte secondo le istruzioni di algoritmi preesistenti. Indipendentemente dalla fonte, tendiamo a chiamare questi cambiamenti “mutazioni”. Molti evoluzionisti usano l’esistenza della mutazione come prova dell’evoluzione a lungo termine, ma gli esempi che citano non soddisfano i requisiti della loro teoria. Molti creazionisti affermano che le mutazioni non sono in grado di produrre nuove informazioni. La confusione sulle definizioni abbonda, compresi gli argomenti su ciò che costituisce una mutazione e la definizione di “informazione biologica”. L’evoluzione richiede l’esistenza di un processo per l’invenzione di nuove informazioni da zero. Eppure, in un genoma che opera in almeno quattro dimensioni e ricco di meta-informazioni, potenziali cambiamenti sono fortemente vietati. Le mutazioni possono produrre nuove informazioni? Sì, a seconda di cosa intendi per “nuovo” e “informazione”. Possono spiegare l’evoluzione di tutta la vita sulla Terra? No!


Pappagallino spolverino
Le mutazioni sono note per il danno che provocano, come quello nel ‘ pappagallino spolverino ‘ (a sinistra), che si traduce in piume deformate nel pappagallino. Tuttavia, alcuni cambiamenti genetici sembrano essere programmati per accadere, creando varietà e aiutando gli organismi ad adattarsi. Si tratta di “nuove informazioni”?

La frase “Le mutazioni non possono creare nuove informazioni” è quasi un mantra tra alcuni creazionisti, ma non sono d’accordo. Gli evoluzionisti hanno una serie di risposte all’idea, sebbene la maggior parte di esse mostri un ragionamento errato. La maggior parte delle risposte evolutive mostra una mancanza di comprensione della complessità del genoma. Spiegherò di seguito perché credo che il genoma sia stato progettato per operare in almeno quattro dimensioni e perché questo causa difficoltà alla convinzione evolutiva nel sorgere di nuove informazioni.

Un altro problema, mostrato soprattutto tra gli evoluzionisti (ma i creazionisti, me compreso, non sono immuni), è la mancanza di comprensione della posizione delle informazioni biologiche. La maggior parte delle persone tende a pensare che il DNA (il “genoma”) sia il luogo di archiviazione delle informazioni. Sebbene sia certamente la posizione di un’enorme quantità di esso, questa visione centrata sul gene ignora le informazioni originariamente ingegnerizzate nei primi organismi creati. L’architettura della cellula, compresa la parete cellulare, il nucleo, i compartimenti subcellulari e una miriade di macchine molecolari, non ha avuto origine daDNA, ma è stato creato separatamente e insieme al DNA. Nessuno dei due può esistere senza l’altro. Pertanto, una parte ampia, ma incommensurabile, delle informazioni biologiche risiede negli organismi viventi al di fuori del DNA. Assumere una visione incentrata sull’organismo cambia radicalmente il dibattito. 1 Tuttavia, poiché la visione organismo-centrica alla fine coinvolge il genio creativo di Dio, che non possiamo iniziare a sondare, ci imbattiamo immediatamente in un “muro di incalcolabilità”. Per questo motivo, mi concentrerò su un sottoinsieme di informazioni biologiche, le informazioni genetiche, per il resto di questo articolo.

Una terza questione riguarda il fatto che Darwin in realtà scrisse di due idee diverse, quelle che mi piace chiamare le sue teorie dell’evoluzione speciali e generali (descritte di seguito). Le reazioni creazioniste contro l’evoluzione in generale hanno portato a un malinteso sulla quantità di cambiamento che potremmo aspettarci negli organismi viventi nel tempo. Ci sono tre idee di base che vorrei introdurre in questa discussione: 1) Allo stesso modo in cui Dio non si limitava a creare specie statiche, Dio non si limitava a creare genomi statici; 2) Dio potrebbe aver inserito algoritmi genetici progettati in modo intelligente nei genomi dei Suoi tipi creati che causano cambiamenti nelle informazioni genetiche o addirittura creano informazioni de novo; e 3) Dio potrebbe aver ingegnerizzato informazioni in forma compressa nel genoma che sarebbero state successivamente decompresse e viste come “nuove” informazioni.

Cos’è una mutazione?

Una “mutazione” è un cambiamento nella sequenza del DNA. Le mutazioni possono essere cattive o (teoricamente) buone, ma implicano tutte qualche cambiamento nella sequenza di lettere (coppie di basi) nel genoma. Una singola mutazione può essere semplice come uno scambio di una singola lettera (ad es. C cambiata in T) o l’inserimento o la cancellazione di alcune lettere. Queste semplici mutazioni sono nella maggioranza. Le mutazioni possono anche essere complesse, come la cancellazione o la duplicazione di un intero gene, o anche una massiccia inversione di una sezione di milioni di coppie di basi di un braccio cromosomico.Dobbiamo fare una distinzione tra mutazione e ‘variazione progettata’.

Non credo che tutte le attuali differenze genetiche umane siano dovute alla mutazione. Dobbiamo fare una distinzione tra mutazione e ‘variazione progettata’. C’è un numero enorme di differenze di una singola lettera tra le persone e queste sono per lo più condivise tra tutti i gruppi di persone. 2 Ciò indica che gran parte della diversità riscontrata tra le persone è stata progettata: Adamo ed Eva portavano una quantità significativa di diversità; questa diversità era ben rappresentata sull’Arca e nella popolazione di Babele subito dopo il Diluvio, e i gruppi di persone post-Babele erano abbastanza grandi da portare via la maggior parte della variazione presente a Babele. La maggior parte delle eliminazioni (~90%), tuttavia, non è condivisa tra le varie sottopopolazioni umane. 3 . Ciò indica che si è verificato un numero significativo di eliminazioni nel genoma umano, madopo Babele. Le eliminazioni non sono apparentemente variazioni progettate e sono un esempio di rapido decadimento genomico. Lo stesso si può dire delle inserzioni di DNA, ma sono circa 1/3 più comuni della delezione della stessa dimensione. L’ubiquità di grandi e uniche eliminazioni nelle varie sottopopolazioni umane in tutto il mondo è la prova della rapida erosione o corruzione delle informazioni genetiche, attraverso la mutazione.

Cos’è un gene?

Tecnicamente, un “gene” è un pezzo di DNA che codifica per una proteina, ma la genetica moderna ha rivelato che parti diverse di geni diversi vengono utilizzate in diverse combinazioni per produrre proteine, 4 , 5 quindi la definizione è un po’ in sospeso al momento. 6 La maggior parte delle persone, compresi gli scienziati, usa ‘gene’ per indicare due cose diverse: o 1) un frammento di DNA che codifica per una proteina, o 2) un tratto. Questa è una distinzione importante da tenere a mente.

Che cos’è l’informazione?

Questa domanda, “Cos’è l’informazione”, è il vero punto cruciale dell’argomento, ma il termine “informazione” è difficile da definire. Quando si tratta di questo argomento, nella maggior parte dei casi gli evoluzionisti usano una misura statistica chiamata Shannon Information. Questo era un concetto inventato dal brillante ingegnere elettronico CE Shannon a metà del 20 ° secolo, che stava cercando di rispondere a domande su quanti dati si potevano inserire in un’onda radio o far passare un filo. Nonostante l’uso comune, le idee di informazione di Shannon hanno poco a che fare con le informazioni biologiche.

Caso in questione: un bel vaso di vetro tagliato può essere descritto abbastanza facilmente. Tutto ciò che serve è una descrizione del materiale e la posizione di ciascun bordo e/o vertice nello spazio 3-D. Eppure, un vaso da un milione di dollari può essere frantumato abbastanza facilmente in un mucchio di sabbia senza valore. Se si volesse ricreare esattamente quel mucchio di sabbia, sarebbe necessaria un’enorme quantità di informazioni Shannon per descrivere la forma di ciascun granello, nonché l’orientamento e il posizionamento dei granelli all’interno del mucchio. Chi ha più “informazioni”, il mucchio di sabbia o il vaso originale in cui è stata collocata un’enorme quantità di design mirato? Dipende da quale definizione di informazione si usa!

Un sistema biologico
Figura 1. Un sistema biologico è definito come contenente informazioni quando si osservano tutti e cinque i seguenti livelli gerarchici di informazione: statistica (qui sospesa per semplicità), sintassi, semantica, pragmatica e apobetica (da Gitt, rif. 9).

In altre definizioni di ‘informazione’, il cumulo di sabbia potrebbe essere descritto abbastanza facilmente con poche misure statistiche (ad esempio, granulometria media, massa della sabbia, angolo di riposo). In questo senso, un numero qualsiasi di cumuli di sabbia indipendenti può essere, a tutti gli effetti, identico. Questa è l’essenza dell’uso dell’informazione da parte di Zemansky 7 , ma anche questo ha poco a che fare con l’informazione biologica, poiché la biologia non è facile da riassumere e qualsiasi tentativo del genere produrrebbe risultati privi di significato (ad es. una misura statistica del tasso medio di una sostanza chimica reazione mediata da un certo enzima non dice nulla sull’origine dell’informazione richiesta per produrre quell’enzima).

Non è facile trovare una definizione di ‘informazione biologica’, e questo complica la discussione sul potere della mutazione di creare informazione. Tuttavia, i pionieri in questo campo, inclusi Gitt 8 e altri, hanno discusso a lungo di questo problema, quindi non è necessario riprodurre qui tutti gli argomenti. Seguirò Gitt e definirò le informazioni come “… un messaggio codificato e rappresentato simbolicamente che trasmette l’azione prevista e lo scopo previsto” e affermerò che “l’informazione è sempre presente quando tutti i seguenti cinque livelli gerarchici sono osservati in un sistema: statistica, sintassi , semantica, pragmatica e apobetica” (figura 1). 9Sebbene forse non sia appropriato per tutti i tipi di informazioni biologiche, credo che la definizione di Gitt possa essere utilizzata in una discussione sull’obiettivo principale di questo articolo: potenziali cambiamenti nell’informazione genetica .

Le mutazioni possono creare informazioni?

Ora possiamo rispondere alla domanda principale: “Le mutazioni possono creare nuove informazioni genetiche?”

Visione schematica del ruolo centrale che i VIGE "progettati in modo intelligente" possono svolgere nel generare variazioni, adattamenti ed eventi di speciazione nei genomi degli esseri viventi per indurre cambiamenti del DNA.
Figura 2. Vista schematica del ruolo centrale che i VIGE “progettati in modo intelligente” possono svolgere nel generare variazioni, adattamenti ed eventi di speciazione nei genomi degli esseri viventi per indurre cambiamenti del DNA. Parte inferiore: i VIGE possono modulare direttamente l’output di algoritmi (morfo)genetici a causa degli effetti di posizione. Parte superiore: i VIGE che si trovano su cromosomi diversi possono essere il risultato di eventi di speciazione, perché le loro sequenze omologhe facilitano le traslocazioni cromosomiche e altri importanti riarrangiamenti del cariotipo. (Da Terborg, rif. 22.)

1) Dio non si è limitato a creare genomi statici, così come non si è limitato a creare specie fisse. 10 Nel 1800 Darwin respinse l’idea popolare che Dio avesse creato tutte le specie nella loro forma attuale. La Bibbia non insegna la ‘fissità delle specie’, naturalmente; questa idea proveniva dagli insegnamenti di scienziati e filosofi più antichi, radicati principalmente negli scritti di Aristotele. 11 Oggi, la maggior parte dei creazionisti non ha problemi con la non fissità delle specie. Gli evoluzionisti tentano costantemente di sollevare l’argomento dell’uomo di paglia secondo cui crediamo nella stasi delle specie, paragonandoci persino a persone che credevano in una terra piatta, ma entrambi sono miti storici. 12La maggior parte delle persone nel corso della storia credeva che la terra fosse rotonda e c’erano creazionisti, come Linneo 13 e Blyth, 14 prima di Darwin che credevano che le specie potessero cambiare (sebbene non oltre un certo limite). CMI, in particolare, ha pubblicato articoli e un DVD 15 sull’argomento di come le specie cambiano nel tempo e ha un’intera sezione sull’argomento nella nostra pagina di domande e risposte. 16 Ecco una domanda importante: se le specie possono cambiare, che dire dei loro genomi?

Non solo le specie non sono fisse, ma solo in questa rivista sono stati pubblicati più di diversi articoli sull’argomento dei genomi non statici, inclusi articoli recenti di Alex Williams, 17 Terborg, 18 Jean Lightner, 19 Evan Loo Shan, 20 e altri . Sembra che Dio abbia creato nella vita la capacità di cambiare il DNA. Ciò si verifica attraverso crossover omologhi, geni saltatori (retrotrasposoni, 21 ALU, ecc.) E altri mezzi (inclusi gli errori di ortografia casuali del DNA generalmente chiamati “mutazioni”). Terborg ha coniato una frase, “variation inducing genetic elements” (VIGEs) 22per descrivere i moduli genetici progettati in modo intelligente che Dio potrebbe aver inserito nei genomi degli esseri viventi per indurre cambiamenti nella sequenza del DNA (figura 2).

2) I creazionisti stanno sostenendo con forza che i genomi non sono statici e che la sequenza del DNA può cambiare nel tempo, ma affermano anche che alcuni di questi cambiamenti sono controllati da algoritmi genetici integrati nei genomi stessi. In altre parole, non tutti i cambiamenti sono accidentali e gran parte delle “informazioni” genetiche è algoritmica. Se si verifica un cambiamento nel DNA attraverso un algoritmo progettato in modo intelligente, anche un algoritmo progettatoapportare modifiche casuali, ma limitate, come lo chiamiamo? Mutazione originariamente significava semplicemente ‘cambiamento’, ma oggi porta molto bagaglio semantico extra. Si può dire che un meccanismo progettato da Dio per creare diversità nel tempo all’interno di una specie può essere causa di ‘mutazione’, con la sua connotazione di casualità impensata? In effetti, ci sono prove considerevoli che alcune mutazioni siano ripetibili 23 , 24(cioè non del tutto casuale). Ciò suggerisce la presenza di un fattore genomico progettato per controllare il posizionamento della mutazione almeno in alcuni casi. Se quel qualcosa provoca un cambiamento intenzionale nel DNA, lo chiamiamo “mutazione” o “cambiamento ingegnerizzato in modo intelligente nella sequenza del DNA”? Naturalmente, si verificano ancora mutazioni casuali e queste sono principalmente dovute al tasso di errore del meccanismo di replicazione e riparazione del DNA.

3) Potrebbe esserci una notevole quantità di informazioni memorizzate nel genoma in forma compressa e nascosta. Quando queste informazioni vengono decompresse, decifrate, rivelate o decodificate (chiamatele come volete), non possono essere utilizzate come prove per l’evoluzione, poiché le informazioni erano già memorizzate nel genoma.

Prendi le informazioni che Dio ha messo in Adamo ed Eva. Un evoluzionista considera qualsiasi differenza di DNA come risultato di una mutazione, ma Dio avrebbe potuto inserire una quantità significativa di variazione progettata direttamente in Adamo ed Eva. Ci sono milioni di posti nel genoma umano che variano da persona a persona, la maggior parte di questa variazione è condivisa tra tutte le popolazioni, 25 e la maggior parte di queste posizioni variabili ha due versioni comuni (A o G, T o C, ecc.) . 26 La maggior parte di questi dovrebbero essere luoghi in cui Dio ha usato letture alternative perfettamente accettabili durante la creazione dell’uomo. Queste non sono mutazioni!

Le alternative intrinseche che Dio ha messo in Adamo ed Eva sono confuse nel tempo e durante questo processo potrebbero sorgere nuovi tratti (anche molti buoni non esistenti in precedenza). Come? Un modo è attraverso un processo chiamato “ricombinazione omologa”. Le persone hanno due serie di cromosomi. Diciamo che una certa porzione di uno dei cromosomi n. 1 di Adam legge “GGGGGGGGGG” e codifica per qualcosa di verde. L’altra copia del cromosoma 1 legge “bbbbbbbbbb” e codifica per un qualcosa di blu, ma il blu è recessivo. Qualcuno con una o due copie del cromosoma tutto G avrà un qualcosa-o-altro verde. Qualcuno con due copie del cromosoma all-b avrà un qualcosa-o-altro blu. Nella prima popolazione, circa tre quarti delle persone avranno la versione verde e circa un quarto avrà la versione blu.

In che modo, allora, questo processo produce nuovi tratti? I cromosomi omologhi vengono ricombinati da una generazione all’altra attraverso un processo chiamato “crossing over”. Se si verificasse un evento di crossing over nel mezzo di questa sequenza, potremmo ottenerne uno con la scritta “GGGGGGbbbbbb” che provoca la produzione di un qualcosa di viola. Questa è una cosa nuova di zecca, un nuovo tratto mai visto prima. Questo è il risultato di un cambiamento nella sequenza del DNA e non saremo in grado di dire la differenza tra questo evento di crossing over e una “mutazione” finché non saremo in grado di sequenziare il pezzo di DNA in questione. Pertanto, nuovi tratti (a volte erroneamente o colloquialmente indicati come “geni”) possono sorgere attraverso la ricombinazione omologa. 27Ma questa non è mutazione. La ricombinazione fa parte del genoma progettato in modo intelligente e di solito rivela solo informazioni che erano state precedentemente impacchettate nel genoma dal progettista principale (può anche rivelare nuove combinazioni di mutazioni e diversità progettata). Inoltre, la ricombinazione non è casuale, 28 , 29 , quindi c’è un limite alla quantità di nuovi tratti che possono verificarsi in questo modo.

Cattivi esempi usati dagli evoluzionisti

Immunità adattativa

Ho difficoltà a chiamare qualcosa come l’immunità adattativa, che comporta cambiamenti nell’ordine di un certo insieme di geni per creare nuovi anticorpi, “mutazione”. L’immunità adattativa è spesso menzionata dall’evoluzionista come esempio di “nuovi” geni (tratti) prodotti dalla mutazione. Qui abbiamo un esempio di un meccanismo che prende moduli di DNA e li rimescola in modi complessi al fine di generare anticorpi per antigeni a cui l’organismo non è mai stato esposto. Questo è un esempio per eccellenza di design intelligente. I cambiamenti del DNA nell’immunità adattativa si verificano solo in modo controllato tra un numero limitato di geni in un sottoinsieme limitato di cellule che sono solo una parte del sistema immunitario e questi cambiamenti non sono ereditabili. Pertanto, l’argomento per l’evoluzione cade a terra. 30

Duplicazione genica

La duplicazione genica è spesso citata come meccanismo per il progresso evolutivo e come mezzo per generare “nuove” informazioni. Qui, un gene viene duplicato (attraverso diversi mezzi possibili), disattivato tramite mutazione, mutato nel tempo, riattivato tramite una mutazione diversa e, voilà! , è sorta una nuova funzione.

Invariabilmente, le persone che usano questo come argomento non ci dicono mai il tasso di duplicazione necessario, né quanti geni duplicati ma silenziati ci aspetteremmo di vedere in un dato genoma, né il tasso necessario di accensione e spegnimento, né la probabilità di una nuova funzione che sorge nel gene silenziato, né come questa nuova funzione sarà integrata nel già complesso genoma dell’organismo, né la velocità con cui il DNA “spazzatura” silenziato dovrebbe essere perso a caso (deriva genetica) o attraverso la selezione naturale. Questi numeri non sono favorevoli alla teoria evoluzionistica e gli studi matematici che hanno tentato di studiare la questione si sono imbattuti in un muro di improbabilità, anche quando hanno tentato di modellare semplici cambiamenti. 31-33 Questo è simile alle difficoltà matematiche di cui Michael Behe ​​discute nel suo libro,Il confine dell’evoluzione . 34 In effetti, le delezioni geniche 35 e le mutazioni con perdita di funzione per geni utili sono sorprendentemente comuni. 36 Perché qualcuno dovrebbe aspettarsi che un gene disattivato rimanga per un milione di anni o più mentre si sviluppa una nuova improbabile funzione?

Ma la situazione con la duplicazione genica è ancora più complicata di così. L’effetto di un gene dipende spesso dal numero di copie del gene. Se un organismo appare con copie extra di un determinato gene, potrebbe non essere in grado di controllare l’espressione di quel gene e si verificherà uno squilibrio nella sua fisiologia, diminuendone la forma fisica (ad es. la trisomia provoca anomalie come la sindrome di Down a causa di tale dosaggio del gene effetti). Poiché il numero di copia è un tipo di informazione e poiché è noto che si verificano variazioni del numero di copia (anche tra le persone 37), questo è un esempio di una mutazione che modifica le informazioni. Si noti che non ho detto “aggiunge” informazioni, ma “modifiche”. La duplicazione delle parole è generalmente disapprovata in quanto non necessaria (chiedi a qualsiasi insegnante di inglese). Allo stesso modo, la duplicazione genica è solitamente, anche se non sempre, negativa. Nei casi in cui può verificarsi senza danneggiare l’organismo, è necessario chiedersi se si tratta davvero di un’aggiunta di informazioni. Ancora meglio di così, è questo il tipo di aggiunta richiesta dall’evoluzione? No non lo è.

Diversi creazionisti hanno scritto su questo argomento, tra cui Lightner, 38 Liu e Moran. 39 Anche se si scopre un esempio di una nuova funzione derivante dalla duplicazione genica, la funzione della nuova deve necessariamente essere correlata alla funzione della vecchia, come un prodotto finale di catalisi nuovo ma simile di un enzima. Non c’è motivo di aspettarsi diversamente. Nuove funzioni derivanti dalla duplicazione non sono impossibili , ma sono evanescenti improbabili e diventano sempre più improbabili con ogni grado di cambiamento richiesto per lo sviluppo di ogni nuova funzione.

Informazioni degradate

Ci sono abbondanti esempi nella letteratura evoluzionistica in cui il degrado genetico è stato utilizzato nel tentativo di mostrare un aumento delle informazioni nel tempo. Esempi includono l’anemia falciforme (che conferisce resistenza al parassita della malaria producendo molecole di emoglobina deformate), 40 digestione aerobica del citrato da parte dei batteri (che comporta la perdita del controllo della normale digestione anaerobica del citrato), 41 e digestione del nylon da parte dei batteri (che comporta una perdita di specificità del substrato in un enzima contenuto in un plasmide extracromosomico). 42 Poiché tutti implicano il decadimento delle informazioni precedenti, nessuno di questi esempi è una prova soddisfacente di un aumento della complessità biologica nel tempo.

Resistenza agli antibiotici nei batteri

Questo è stato affrontato così tante volte che esito persino a menzionarlo. Tuttavia, per qualche ragione gli evoluzionisti continuano a tirarlo fuori, quasi fino alla nausea . Il lettore interessato può facilmente trovare molti articoli sull’argomento, con smentite creazioniste dettagliate. 43

Mutazioni generali del guadagno di funzione

L’evoluzione richiede mutazioni del guadagno di funzione (GOF), ma gli evoluzionisti hanno avuto difficoltà a trovare buoni esempi. 44 L’immunità adattativa, la ricombinazione omologa, la resistenza agli antibiotici nei batteri e l’anemia falciforme nell’uomo sono stati tutti usati come esempi, ma, come descritto sopra, ciascuno di questi esempi non soddisfa i requisiti di un vero GOF. La generale mancanza di esempi, anche teorici, di qualcosa di assolutamente richiesto dall’evoluzione è una forte testimonianza contro la validità della teoria evoluzionistica.

Il vero problema

Lo sviluppo di nuove funzioni è l’unica cosa importante per l’evoluzione. Non si tratta di piccoli cambiamenti funzionali, ma di cambiamenti radicali. Alcuni organismi hanno dovuto imparare a convertire gli zuccheri in energia. Un altro ha dovuto imparare a prendere la luce solare e trasformarla in zuccheri. Un altro ha dovuto imparare a prendere la luce e trasformarla in un’immagine interpretabile nel cervello. Queste non sono cose semplici, ma processi sorprendenti che coinvolgono più passaggi e le funzioni che coinvolgono percorsi circolari e/o ultra-complessi verranno selezionate prima che abbiano la possibilità di svilupparsi in un sistema funzionante. Ad esempio, il DNA senza funzione è maturo per l’eliminazione e produrre proteine/enzimi che non servono fino a quando non sarà disponibile un percorso completo o una nano-macchina è uno spreco di preziose risorse cellulari. I problemi di pollo e uova abbondano. Ciò che è venuto prima, la macchina molecolare chiamata ATP sintasi o le macchine per la produzione di proteine ​​e RNA che si basano sull’ATP per produrre la macchina di ATP sintasi? I processi più elementari da cui dipende tutta la vita non possono essere cooptati da sistemi preesistenti. Perché l’evoluzione funzioni, devono nascere da zero, devono essere accuratamente bilanciati e regolati rispetto ad altri processi e devono funzionare prima di essere mantenuti.

Dire che un gene può essere copiato e poi utilizzato per prototipare una nuova funzione non è ciò che l’evoluzione richiede, perché questo non può spiegare una funzionalità radicalmente nuova. Pertanto, la duplicazione genica non può rispondere alle domande più fondamentali sulla storia evolutiva. Allo stesso modo, nessuno dei comuni modi di mutazione (cambiamenti di lettere casuali, inversioni, cancellazioni, ecc.) Ha la capacità di fare ciò che l’evoluzione richiede. Darwin ha tirato un’esca e ha acceso il suo On the Origin of Species . In realtà ha prodotto due teorie separate: quelle che io chiamo le sue teorie speciali e generali dell’evoluzione, seguendo Kerkut 45. Darwin ha continuato a mostrare come cambiano le specie. Questa era la Teoria Speciale dell’Evoluzione e fu preceduta da numerosi altri, inclusi diversi creazionisti, con la stessa idea.

Gli ci è voluto molto tempo per arrivare al punto, ma alla fine ha detto:

“… non vedo alcun limite alla quantità di cambiamento… che può essere effettuato nel lungo corso del tempo dal potere di selezione della natura.” 

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L’argomento “le mutazioni possono creare nuove informazioni” riguarda in realtà il ponte tra le modalità speciali e generali dell’evoluzione.

Questa era la sua Teoria Generale dell’Evoluzione, ed è qui che fallì, poiché non forniva alcun meccanismo reale per i cambiamenti ed ignorava i meccanismi sottostanti che sarebbero stati successivamente rivelati. Per usare un’analogia moderna, questo sarebbe come dire che piccoli cambiamenti casuali in un programma per computer complesso possono creare moduli software radicalmente nuovi, senza mandare in crash il sistema. 47 Pertanto, l’argomento “le mutazioni possono creare nuove informazioni” riguarda in realtà il ponte tra i modi di evoluzione speciali e generali. Sì, le mutazioni possono verificarsi all’interno delle specie viventi (generi), ma, no, quelle mutazioni non possono essere utilizzate per spiegare come queste specie (generi) siano nate in primo luogo. Stiamo parlando di due processi completamente separati.

La sfida della metainformazione

Dobbiamo superare l’idea ingenua di comprendere il genoma perché conosciamo la sequenza di una stringa lineare di DNA. In effetti, tutto ciò che sappiamo è la prima dimensione su almeno quattro in cui opera il genoma (1: la stringa di lettere lineare unidimensionale; 2: le interazioni bidimensionali di una parte della stringa con un’altra, direttamente o tramite proxy di RNA e proteine; 3: la struttura spaziale tridimensionale del DNA all’interno del nucleo; e 4: modifiche alla 1a , 2a e 3a dimensione nel tempo). C’è un’enorme quantità di informazioni racchiuse in quel genoma che non abbiamo capito, inclusi più codici sovrapposti contemporaneamente. 48Quando discutono se le mutazioni possono creare o meno nuove informazioni, gli evoluzionisti sollevano regolarmente una visione eccessivamente semplicistica della mutazione e poi affermano di aver risolto il problema mentre agitano la mano sul vero problema: l’antagonismo tra l’ultracomplessità e la mutazione casuale.

Se un genoma quadridimensionale è abbastanza difficile da afferrare, c’è anche un’enorme quantità di “meta-informazione” nel genoma. Queste sono informazioni sulle informazioni! Questa è l’informazione che dice alla cellula come mantenere l’informazione, come ripararla se si rompe, come copiarla, come interpretare cosa c’è, come usarla, quando usarla e come trasmetterla alla generazione successiva. Tutto questo è codificato in quella stringa lineare di lettere e la vita non potrebbe esistere senza di essa. In effetti, la vita è stata progettata da una prospettiva dall’alto verso il basso, apparentemente con le meta-informazioni al primo posto. Secondo un brillante articolo di Alex Williams, 49 affinché la vita esista, gli organismi richiedono una gerarchia di

  1. Biochimica perfettamente pura, specifica per singola molecola,
  2. molecole appositamente strutturate,
  3. macchine molecolari funzionalmente integrate,
  4. funzioni metaboliche completamente regolate e basate sull’informazione e
  5. meta-informazione inversamente causale.

Nessuno di questi livelli può essere ottenuto attraverso processi naturali, nessuno può essere previsto dal livello inferiore e ciascuno dipende dal livello superiore. La meta-informazione è il livello più alto della complessità biologica e non può essere spiegata da meccanismi naturalistici, ma la vita non può esistere senza di essa. 50 Mettendo da parte tutti gli altri argomenti a favore e contro l’ascesa dell’informazione biologica, da dove viene la meta-informazione, da cui dipende tutta la vita?

Conclusioni

La mutazione può creare nuove informazioni? Sì, a seconda di cosa intendi per “informazioni”. Inoltre, “nuovo” non implica necessariamente “migliore” o addirittura “buono”. Quando gli evoluzionisti citano esempi di “nuove” informazioni, quasi invariabilmente citano prove di nuovi tratti , ma questi tratti sono causati dalla corruzione di quelli esistenti .informazione. Le mutazioni possono creare nuove varietà di vecchi geni, come si può vedere nei topi da laboratorio con mantello bianco, nei gatti senza coda e nelle persone con gli occhi azzurri. Ma le mutazioni dannose non possono essere utilizzate per rivendicare l’evoluzione da molecole a persone. Rompere le cose non porta a una funzione superiore (e presuppone una funzione preesistente che può essere interrotta). Inoltre, non tutti i nuovi tratti sono causati dalla mutazione! Alcuni nascono riordinando informazioni preesistenti, altri decomprimendo informazioni impacchettate, altri ancora attivando e disattivando determinati geni.

In tutti gli esempi che ho visto usati per argomentare contro la creazione, l’evoluzione non è aiutata. Non ci sono esempi noti dei tipi di mutazioni di acquisizione di informazioni necessarie per i processi evolutivi su larga scala. In effetti, sembra che tutti gli esempi di mutazioni del guadagno di funzione, messi alla luce delle esigenze a lungo termine del progresso evolutivo verso l’alto, siano eccezioni a ciò che è necessario, perché ogni esempio che ho visto implica qualcosa che si rompe.

Noi creazionisti abbiamo il sopravvento qui. Se lo trattiamo correttamente, possiamo ottenere una grande vittoria nella nostra lunga guerra per la verità. Il genoma non è ciò che l’evoluzione si aspettava. Gli esempi di mutazioni che abbiamo non sono del tipo richiesto per l’evoluzione dell’evoluzione. L’evoluzione deve spiegare come sia nato il genoma quadridimensionale, con più codici sovrapposti e pieno zeppo di meta-informazioni. Una mutazione può creare nuove informazioni? Forse, ma solo nel senso più limitato. Può creare il tipo di informazioni necessarie per produrre un genoma? Assolutamente no!

Ringraziamenti

Devo ringraziare Don Batten, Jonathan Sarfati e tre revisori anonimi per i commenti critici su questo manoscritto. Questo è stato davvero un lavoro di squadra poiché le idee sono state distillate attraverso anni di interazione tra i miei colleghi creazionisti, molti dei cui contributi non sono stati menzionati per mancanza di spazio, non per mancanza di merito. Temo di non aver reso giustizia a coloro che mi hanno preceduto.Inserito in homepage: 28 ottobre 2011

Riferimenti

  1. Sono in debito con Randy Guliuzza, dell’Institute for Creation Research, per avermi incoraggiato per primo a passare da un punto di vista gene-centrico a un organismo-centrico. Torna al testo .
  2. Gabriele, SB et al. , La struttura dei blocchi aplotipici nel genoma umano, Science 296 :2225–2229, 2002. Torna al testo .

I GENI DELL’APOPTOSI


Scritto da N. Nobile Migliore

Esperimenti recenti hanno trovato vari geni coinvolti nella morte cellulare programmata: anzitutto si sono trovati due geni che determinano l’apoptosi: uno è il c- Myc  e l’altro è il p53; ci sono invece altri due geni, il bcl2 e bcr-abl che inibiscono l’apoptosi,e quindi aumentano la vitalità delle cellule e la proliferazione cellulare.

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Naturalmente i geni codificano le proteine corrispondenti e sono le proteine che fanno tutto il lavoro. Il gene c-myc può anche indurre la proliferazione in presenza di fattori di crescita, ma in genere inibisce la proliferazione il gene c-myc induce la morte cellulare. Per indurre la proliferazione cellulare incontrollata non basta un solo gene alterato, devono essere alterati almeno due geni chiave ed ecco perchè i tumori si sviluppano raramente, anche se nel nostro corpo si hanno moltissime divisioni cellulari. Il gene più importante che induce la morte cellulare è il gene p53 che risulta mutato nella stragrande maggioranza dei tumori. La funzione principale di p53 è quella di bloccare la divisione cellulare in una certa fase della divisione chiamata G1. Quando una cellula ha subito un danno viene bloccata da p53 nella fase G1. Il blocco permette alla cellula di riparare il danno cogli enzimi riparatori; se la riparazione non è possibile viene avviato il processo di morte cellulare programmata. Se avviene una mutazione di p53  la proteina corrispondente non funziona e la cellula prosegue il ciclo di replicazione e si può avere facilmente un tumore. Quasi tutti i tumori infatti hanno il gene P53 mutato. La capacità di p53 di bloccare la moltiplicazione cellulare viene effettuata con l’interazione di altri geni, quali waf-1 e gadd45che sono coinvolti nel controllo del ciclo cellulare. Il gene p53, per questo suo ruolo è stato soprannominato “il custode del genoma”. Ci sono invece altri geni che favoriscono la proliferazione cellulare come bcl2 e bcr-abl. Ad esempio le cellule che esprimono notevolmente il gene bcl2 sono resistenti all’apoptosi  e possono produrre alcuni tumori come ad esempio il linfoma, o il cancro della prostata che dapprima è sensibile agli antiandrogeni e in secondo tempo diventa resistente perchè aumenta in esso l’espressione del gene bcl2. Probabilmente esiste un equilibrio molto fine tra bcl2 e un altro gene chiamato bax che induce la morte cellulare, se questo equilibrio si rompe si ha o la morte cellulare eccessiva con grave danno e senescenza o malattie degenerative come l’alzeimer o la proliferazione incontrollata, se prevale bcl avremo lo sviluppo del cancro. Il cancro quindi, con tutta probabilità sopravviene quando si rompe un equilibrio tra i geni che inducono l’apoptosi e i geni che inducono la proliferazione. Son quindi necessari , sia i geni che favoriscono l’apoptosi, sia i geni che inibiscono l’apoptosi, se si vuole vivere in buona salute. Anche in questo caso abbiamo una irriducibile complessità  che non si può spiegare  con eventi casuali   e selezione naturale.  Sono stati scoperti inoltre circa 14 proteine di tipo proteolitico chiamate caspasi che sono capaci di rompere le proteine a livello di certi aminoacidi e in particolare l’acido aspartico, le caspasi mediano la parte finale dell’apoptosi. Le caspasi si dividono in caspasi iniziatrici e caspasi effettrici. Le caspasi iniziatrici si trovano a monte del sistema di morte cellulare programmata e sono attivate da stimoli interni alla cellula attraverso il loro dominio CARD e da segnali esterni attraverso il dominio DED. Una volta attivate le caspasi iniziatrici che sono le caspasi 8 e 9; in seguito all’attivazione di un’altra proteina  diventano dimeri e si trasformano nelle caspasi attive. Una volta attivate le caspasi tagliano le caspasi effettrici che sono soprattutto le caspasi 3 e 4, le tagliano in un punto molto preciso e le trasformano in caspasi effettrici attive che tagliano, a livello di un residuo di ac.aspartico un grande numero di proteine della cellula distruggendole e distruggendo anche gli organuli cellulari, soprattutto i mitocondri da cui esce il citocromo C che è la proteina fondamentale per il processo ossidativo aerobio. Un altro substrato che viene distrutto è l’enzima di riparazione del DNA, la poliADP-ribosio-polimerasi. Un’altra proteina distrutta è la proteina ICAD che inibisce l’endonucleasi del DNA: una volta distrutta l’endonucleasi distrugge il DNA, riducendolo in frammenti della dimensione di un nucleosoma. La molecola che innesca il processo apoptosico è  la molecola Apaff1 che è presente nel citoplasma di tutte le cellule dell’organismo in una forma inattiva chiusa in cui l’estremità aminica è congiunta all’estremità carbossilica. Ed ecco, riassumendo come avviene la cascata apoptotica: uno stimolo apoptotico, esterno come la segnalazione di recettori posti sulla membrana plasmatica, che comunicano un difetto di nutrienti o un preciso comando alla morte cellulare, per esempio durante lo sviluppo embrionale; oppure possono avvenire stimoli interni alla cellula, come un problema grave ed irreversibile di danno al DNA. Questi stimoli inducono  la proteina Apaf1 ad entrare nel mitocondrio ed estrarre il citocromo c; il citocromo c si lega a apaf1   e la trasforma in una proteina in conformazione aperta: la proteina in conformazione aperta è in grado di legarsi alla caspasi 9: altre sei molecole di caspasi 9 vengono reclutate da altrettante molecole di apaf1  fino alla formazione di un complesso molecolare a forma di ruota chiamato apoptosoma, che attiva la caspasi 9   che a sua volta attiva le caspasi esecutrici 3, 6 e 7 e a sua volta la caspasi 3 induce un’attivazione alternativa della caspasi 9  guidando la cellula a subire il suo inesorabile destino di morte in un circolo “infernale”. Come si può vedere da questa breve descrizione del processo esiste, come in tanti altri processi cellulari una enorme e straordinaria complessità irriducibile. Tutti questi processi devono essere iniziati improvvisamente e subito all’inizio della vita, altrimenti  il processo di morte programmata non sarebbe mai potuto avvenire, e gli organismi avrebbero avuto gravissimi danni, e la vita si sarebbe estinta da tempo. E’ chiaro che esiste una mente che ha progettato tutto questo straordinario processo

Cultura: in uscita il nuovo libro di Fabrizio Fratus e Lorenzo de Bernardi – scienza e Darwin


Cultura: in uscita il nuovo libro di Fabrizio Fratus e Lorenzo de Bernardi

NOVA0645 3 CLT 1 NOV Cultura: in uscita il nuovo libro di Fabrizio Fratus e Lorenzo de Bernardi Roma, 10 dic – (Nova) – Le colonne d’Ercole oggi sono rappresentate dal pensiero unico tout court, un limite che impedisce la ricerca in tutti i campi del sapere: dalla filosofia alle scienze. Appare sempre piu’ difficile uscire dallo schema imposto dal pensiero unico, pena l’esclusione dal dibattito culturale. Non e’ cosi’ per quanto riguarda il nuovo lavoro di Fabrizio Fratus, sociologo con all’attivo diversi saggi e Lorenzo de Bernardi, autore di “impronte di lupo”. E’ in uscita oggi, giovedi’ 10 dicembre, il nuovo libro: Chi siamo e da dove veniamo? Le domande che tutti noi dovremmo farci. Il testo di Fratus e de Bernardi traccia il percorso del pensiero filosofico e scientifico dalle origini del pensiero materialista sino ai nostri giorni in cui la teoria materialista da filosofia si e’ fatta scienza con il neodarwinsimo. Nel testo sono spiegati i fatti, i protagonisti, le idee e le strategie del pensiero da cui e’ nata e sviluppata la teoria di Darwin, la cui acritica accettazione e’ l’esempio piu’ calzante di “pensiero unico”. La teoria di Darwin, secondo gli scrittori, e’ imposta dogmaticamente senza possibilita’ di discussione e senza prove a sostegno. Nel saggio vengono presentate teorie e posizioni differenti in un percorso culturale unico, dalla spiegazione del darwinismo passando dal creazionismo e approdando alla scuola dell’intelligent designe americano oggi presente anche in Europa. “Un libro che non crea certezze ma presenta la realta’ – spiega una nota – oggi la scienza non ha nessuna prova sull’origine della vita e il suo sviluppo, corroborato da diverse citazioni di molteplici scienziati delle migliori universita’ al mondo troviamo un confronto intellettuale tra uno degli autori e il matematico Piergiorgio Odifreddi”. Il testo contiene anche due importanti saggi del biologo Miahel Gerogiev. Piu’ di 300 pagine di pensiero anticonformista dove scienza e filosofia si intrecciano in un viaggio nella storia del pensiero, della scienza oltre le colonne d’Ercole. (Ren) NNNN

https://www.agenzianova.com/a/5fd25fd1e5c340.48427823/3229010/2020-12-10/cultura-in-uscita-il-nuovo-libro-di-fabrizio-fratus-e-lorenzo-de-bernardi

Fratus: “Il neo-darwinismo e’ una religione”; intervista su La Voce d’Italia


Vecchia intervista sempre attuale

Tecnoscienze

“Da quell’assemblea al Vittorini in dieci anni e’ cambiato moltissimo”

Fratus: “Il neo-darwinismo e’ una religione”

“Evoluzionismo? Non vi sono prove concrete per nulla”

Affidiamo la sintesi del dibattito sorto nei giorni scorsi su “La Voce d’Italia” in merito alle teorie che spiegano le origini del mondo a Fabrizio Fratus, referente del Comitato Antievoluzionista. Si conclude così il ciclo di interviste realizzato dalla Voce d’Italia, che ha coinvolto il Prof. Odifreddi ed il Dott. Bertolini, nell’auspicio che queste tematiche siano affrontate con maggiore frequenza ed interesse sui media.

Dott. Fabrizio Fratus, sono passati 10 anni dalla sua prima iniziativa antievoluzionista tenutasi al liceo scientifico Vittorini di Milano. In quell’occasione tre studiosi spiegarono perché per loro la teoria di Darwin non era scientifica: è cambiato qualcosa da allora?

“E’ cambiato moltissimo. Al liceo Vittorini parlarono il ricercatore dell’università di Padova Ronald Nalin, il professore di scienze naturali Fernando De Angelis e il medico Mihael Georgiev, poi divenuto uno dei massimi esponenti nella lotta alla teoria neodarwinista in Italia. Con l’assemblea studentesca organizzata in collaborazione con alcuni studenti si è aperto il vaso di pandora, dimostrando che la teoria di Darwin non è per nulla una teoria valida scientificamente, è piena di falle ed è sostenuta soprattutto per motivi ideologici. Non si capisce come si possa sostenere che noi si discenda da un qualcosa che non si sa da dove sarebbe nato e come si sarebbe sviluppato. Da quel primo evento se ne sono susseguiti a cascata molti altri”

In sintesi ciò che lei sostiene è che il darwinismo funga da giustificazione ideologica per la costruzione di un certo tipo di società: è corretto?

“È così. Per comprendere il discorso si deve tornare all’origine della teoria quando Darwin la propose, si deve comprendere il periodo storico… a metà del ‘700 la rivoluzione industriale e a fine secolo quella francese, l’affermazione della scuola di pensiero di S. Simon e Comte, la nascita delle scienze sociali e colonialismo… tutte questioni che vanno inquadrate in un’ottica di società materialista cui Darwin è servito. Non dobbiamo poi dimenticare che egli era figlio di un pastore anglicano e aveva seguito studi per diventare pastore: chi meglio di lui per sostenere che ogni ipotesi trascendente della vita non esisteva? Questo fu il primo passaggio. Arrivò poi H. Spencer a coniare il termine evoluzionismo (Darwin parlava solo di trasformazione), ed inoltre creò il modello specifico a cui oggi facciamo riferimento, un modello sviluppatosi partendo dalle ipotesi di Darwin per cui si crede che tutto sia migliorabile. Il progresso di cui si sente tanto parlare ha origine nella teoria di Darwin: esso va sostenuto perché è la strada per giungere alla migliore condizione possibile. In realtà gli studi dimostrano il contrario: noi viviamo in una società che non ha migliorato realmente la qualità della vita e tantomeno la sua durata effettiva (basti guardare un qualsiasi libro e verificare quando morivano i filosofi al tempo di Pitagora). Ma il discorso è molto lungo e complesso, per concludere su questo argomento vorrei specificare che in relazione all’ipotesi evoluzionista noi siamo frutto del caso e come tale non siamo differenti da nessun tipo di animale: è partendo da questo assunto che, a mio avviso, si legittimano aborto, eutanasia ed eugenetica“

Ma davvero non vi sono prove a sostegno della teoria di Darwin?

“Questo è il fatto più interessante: prove concrete non ve ne sono per nulla. Basta leggere le dichiarazioni degli stessi evoluzionisti per averne dimostrazione. .la più chiara è sicuramente quella del genetista di Harvard Richard Lewontin, che ha scritto: “Noi difendiamo la scienza nonostante l’evidente assurdità di alcune delle sue affermazioni e la tolleranza della comunità scientifica per delle favole immaginarie… perché abbiamo un impegno materialista aprioristico… Non è che i metodi e le istituzioni della scienza ci obbligano ad accettare una spiegazione materialista dei fenomeni, ma al contrario, siamo costretti dalla nostra adesione aprioristica alle cause materiali… Questo materialismo è assoluto, perché non possiamo permettere l’accesso a Dio” Ecco quanto è valida scientificamente la teoria di Darwin. Ma prendiamo anche un altro importante scienziato evoluzionista, colui che è stato importantissimo nel processo contro l’insegnamento dell’Intelligent Designer nelle scuole americane, ovvero il prof. di filosofia e zoologia M. Ruse: “L’evoluzione viene promossa dai suoi praticanti come più che solo scienza. L’evoluzione viene promulgata come una ideologia, una religione secolare – una completa alternativa al cristianesimo, con significato e moralità. Sono un evoluzionista fervente ed ex-cristiano, ma devo ammettere … che chi si attiene alla lettera ha assolutamente ragione. L’evoluzione è una religione”. Sono gli evoluzionisti che devono dimostrare di avere delle prove… e come si è appena accennato, sono i primi a sapere di non averle”

Ho avuto modo di leggere dei suoi articoli contro diversi esponenti evoluzionisti che lei sostiene appartengano ad una “nomenclatura evoluzionista”. Qual è l’accusa?

“È senza dubbio l’incapacità della nostra cultura universitaria di essere al passo con il resto del mondo occidentale. Quando parlo di “nomenclatura evoluzionista” faccio riferimento alla lobby dei professori evoluzionisti che per diversi interessi screditano tutti coloro che si schierano contro il neodarwinismo. Un esempio è Telmo Pievani, che in una recente intervista ha dato degli stupidi a tutti coloro che sostengono che la teoria di Darwin sia una ideologia e una religione: mi spiace per lui che evidentemente offuscato dalle sue convinzioni non conosce le dichiarazioni degli stessi evoluzionisti fuori dai nostri confini, dichiarazioni come quelle che ho esposto precedentemente”

La sua posizione è molto chiara e mi chiedo se ha esempi concreti in cui gli evoluzionisti hanno sbagliato ad interpretare i dati.

“Ve ne sono moltissimi di esempi, l’ultimo in ordine temporale è quello a proposito di batteri e antibiotici: gli evoluzionisti sostenevano che i batteri si evolvessero per resistere agli antibiotici mentre si è scoperto, come sostenevano altri scienziati non evoluzionisti, che la resistenza agli antibiotici fosse già patrimonio dell’informazione contenuta nel codice genetico dei batteri. Hanno avuto ragione i secondi. Nel nostro codice genetico vi sono informazioni e una complessità incredibile e gli evoluzionisti vogliono farci credere che tutto ciò sia frutto del caso, senza però riuscire a dimostrarci come si “crei” l’informazione contenuta nelle specie viventi. A titolo di ulteriori esempi possiamo citare molto altro.
Gli organismi unicellulari, come scriveva Huxley in contrapposizione all’ipotesi di Paley sostenitore del disegno intelligente, erano ritenuti essere delle semplici gocce di “protoplasma”. Oggi sappiamo che non sono primitivi e tanto meno semplici, sono capolavori, vere e proprie macchine molecolari. Ancora: Darwin sosteneva che lo sviluppo embrionale fosse influenzato da fattori esterni, al contrario è un progetto incorporato negli esseri viventi. Oppure: Cuvier ha avuto ragione nel sostenere che i fossili fossero distinti e separati, ed infatti come è dimostrato da tutti i fossili ritrovati non vi è nessun tipo di possibilità nel ricostruire qualsiasi tipo di albero che preveda una gradualità temporale e morfologica come sostenuto dagli evoluzionisti. Insomma: la variabilità che vediamo non si genera da variazioni casuali ma solamente da rimescolamento genetico, essa è limitata e oscillante e non illimitata come vogliono farci credere i neodarwinisti. La selezione naturale elimina e non contribuisce in nessuna maniera a sviluppare nuove informazioni”

A cura di Andrea Carbone

http://www.voceditalia.it/articolo.asp?id=79600&titolo=Fratus%20%27Il%20neo-darwinismo%20e%27%20una%20religione%27

LA PREGIUDIZIALE DEGLI SCIENZIATI DARWINISTI


La maggior parte degli scienziati è stata abituata a considerare la realtà solo da un punto di vista materialistico secondo il quale non esiste altra realtà che la materia con le sue leggi fisico-chimiche. Per via soltanto di queste leggi è nata la vita, e si è evoluta sino ad arrivare all’uomo e secondo le leggi fisico-chimiche soltanto il caso e la selezione naturale possono aver causato la vita. Ogni considerazione progettuale, finalistica è da considerarsi da costoro come intrusione metafisica e quindi inaccettabile e quindi non deve essere nemmeno presa in considerazione.

Anni fa ho assistito ad una conferenza nella mia parrocchia che discuteva dei rapporti tra scienza e fede religiosa. Parlava un biologo che descriveva in senso naturalistico la nascita e l’evoluzione della vita, un interlocutore  gli ha osato dire che stava prendendo piede la teoria del disegno intelligente :il conferenziere allora si è rivolto a lui scandalizzato dicendogli che questa teoria era una grossa sciocchezza, senza tuttavia argomentare il perchè lo fosse. Ma questo è avvenuto perchè gli è stato insegnato che tutto nell’universo è costruito da forze cieche della natura e non c’è null’altro. Se uno ha fede in una Intelligenza creatrice è una sua visione soggettiva, ma non è scientifica e razionale, è puramente fideistica. Ogni aspetto di design è quindi una illusione. Quindi sono obbligati a credere che ogni aspetto della vita sia dovuto a mutazioni casuali e a selezione naturale entrambi ciechi. Questi processi inoltre hanno una possibilità illimitata, per qualsiasi periodo di tempo disponibile, a creare qualsiasi innovazione o complessità. Se invece affermi il design sarai ridicolizzato dai colleghi e non avrai certo una carriera facilitata. Ed invece le cose non stanno cosi’; la mente umana è abituata a vedere la progettazione dove essa c’è, persino i bambini riescono a vedere il disegno dove esso c’è. E  invece i biologi, anche se vedono il disegno sono indotti a non accettarlo; essi hanno detto: “devono costantemente ricordare a se stessi che ciò che vedono non è stato progettato ma si è evoluto”. Hanno quindi l’intelletto chiuso e cominciano ad agitarsi quando si parla di design e non lo accettano anche quando esso è evidente, ed è evidente anche nelle cellule più primitive. In esse ci sono centri di produzione che costruiscono tutti gli elementi costitutivi delle cellule e gli elementi di supporto, sofisticati processi di assemblaggio con sistemi di controllo a feedbak, produzione di energia e nanotecnologie di distribuzione, riparazione delle parti o loro sostituzione automatica, coordinamento globale delle parti, autoreplica che dirige la duplicazione e la installazione di ogni componente cellulare. In qualsiasi contesto ognuno direbbe che tutte queste funzioni sono progettate. Vediamo, per fare un esempio il caso di un automobile: anche in esso ci sono molte parti metalliche che sono coordinate tra loro, sono messe al posto giusto per far adempiere alla macchina la funzione di muoversi. Tutti questi elementi obbediscono certamente a leggi fisico -chimiche, ma la loro coordinazione, la loro messa a punto, la loro integrazione non è dovuta alle leggi fisico-chimiche ma alla intelligenza, alla mente degli ingegneri e degli operai che l’hanno progettata e costruita. La cellula è un complesso di macchine molecolari come gli enzimi, le proteine motrici le proteine di trasporto, gli enzimi plurifunzione complessi, i binari in cui viaggiano i mezzi di trasporto, le centrali energetiche e il tutto è ben più complesso di un automobile. Tutte le proteine si ripiegano in modo specifico per fare certe funzioni, le più svariate e questo ripiegamento è dovuto al preciso posizionamento di 20 tipi di aminoacidi diversi nella molecola. Una proteina media possiede circa 300 aminoacidi, se cambia un solo aminoacido in  moltissime posizioni della proteina  la proteina non funziona più e si ha la malattia genetica. Gli studi di Douglas Axe sulla rarità delle proteine funzionali hanno dimostrato che la probabilità di ottenere una piega proteica appena funzionale ‘ e di 1 su 10^70 e questo studiando un enzima piuttosto semplice. In una proteina di 300 aminoacidi però il caso cieco deve vagliare 20^300 possibilità diverse per costruirla. L’essere umano di queste proteine ne ha circa 25.000 e forse molte di più non ancora scoperte.

Importante è anche la coordinazione di molte proteine tra loro: è raro che le proteine agiscano da sole, agiscono per lo più in gruppo: vedi per esempio la cascata coagulativa o la cascata del complemento ecc. La scienza, se è vera scienza, non deve temere di aver scoperto il progetto in natura. La Mente progettuale non la conosciamo: io sono convinto sia il Dio della fede cristiana, ma altri possono pensare ad altre entità intelligenti che possono essere presenti nell’universo. Ma si deve una buona volta ammettere che il design è una realtà nell’universo,  bisogna abbandonare il materialismo scientifico.

In Natura il più debole non viene eliminato


 

Un terzo punto importate su cui Darwin si è sbagliato è l’eliminazione del più debole, che gli è valso però la gloria politica. Si tratta di una giustificazione scientifica, in nome della biologia, di posizioni acquisite all’interno della società o tra le società. Ai potenti dell’epoca piacque il fatto che vennero considerati artefici del progresso, avendo eliminato coloro che davano fastidio, quelli che ritardavano il cammino in avanti dell’umanità.

La lotta darwinista per l’esistenza può comportare una modifica dei caratteri della specie solo se le forme viventi «meno avvantaggiate» finiscono per estinguersi. In questo senso la teoria darwinista è quella dell’eliminazione dei meno adatti, piuttosto che quella della sopravvivenza del più adatto. Nel suo libro, il cui titolo completo può essere letto come un programma politico «De l’origine della specie per mezzo della selezione naturale o la salvaguardia delle razze favorite nella lotta per la vita», Darwin scrive: «La selezione naturale agisce solo per mezzo della conservazione delle modifiche vantaggiose ; qualsiasi nuova forma, che emerga in un luogo sufficietemente popolato, tende, di conseguenza, a sostituirsi alla forma primitiva meno perfezionata, o ad altre forme meno avvantaggiate, oppure ad altre fome meno favorite con le quali essa entra in concorrenza e finisce per sterminarle. In questo modo, estinzione e selezione naturale vanno costantemente di pari passo. Pertanto, se ammettiamo che ciascuna specie discende da forme sconosciute, questa, così come tutte le varietà transitorie, sono state sterminate dalla sola formazione e dal perfezionamento di una nuova forma.»[1]

In realtà, nella lotta per il territorio (gli animali combattono tra di loro per delimitare il loro territorio), o negli adattamenti all’ambiente, constatiamo fenomeni di equilibrio. Si tratta quindi di fenomeni reversibili: la natura resta fondamentalmente un cosmos ordinato e equilibrato, pieno di meccanismi compensatori.

Konrad Lorenz ha ricevuto il Premio Nobel per le sue pazienti osservazioni degli animali nel loro habitat vitale. In particolare, egli ha studiato in particolare la loro aggressività, un elemento essenziale della loro combattività e quindi rivelatore della loro capacità di conservare o perdere il loro territorio. È eloquente in questo senso il caso dei cani delle praterie, una specie di scoiattolo che vive nelle pianure nordamericane. Ogni maschio combatte per delimitare il territorio destinato alla sua coppia. Si potrebbe quindi ritenere che i più deboli spariscano, provocando così un aumento delle dimensioni medie dell’animale. Non è affatto cosi! Quando il cane delle praterie si allontana dal centro del suo territorio, diminuisce la sua combattività e aumenta il suo istinto di fuga; quando se ne avvicina aumenta la sua combattività e diminuisce il suo istinto di fuga. La stessa constatazione è valida in ambito sportivo: si è più combattivi e si tiene molto a non perdere quando si gioca «in casa», sul proprio terreno, davanti ai propri sostenitori! Questa azione di carattere psicologico conduce a una regolamentazione, proprio là dove Darwin immaginava uno sterminio. Certo, in generale, il più forte ha maggiori possibilità di vincere i combattimenti, ma nella realtà della vita «selvatica», quando il grosso cane della prateria si allontana dal centro del suo territorio, sopraggiunge un momento in cui è il piccolo cane della prateria a vincere la lotta: la sua aggressività è al massimo livello, mentre nell’altro domina l’istinto della fuga.

Possiamo pertanto osservare, grazie alla lotta di ciascun vivente (vegetale, pesce, uccello, carnivoro ecc.) per la sua nicchia ecologica, un meccanismo regolatore naturale che consente una suddivisione equilibrata dei territori; il grosso cane della prateria guadagna un territorio più vasto in quanto è più elevato il suo fabbisogno alimentare, mentre il piccolo conserva un territorio alla sua portata, di dimensioni inferiori, ma sufficiente. Assistiamo così a un processo di suddivisione dei territori e non all’eliminazione del più debole.

Ora misuriamo le conseguenze sociali di questo fatto. Tutti coloro che giustificano il loro comportamento volto all’eliminazione del concorrente (politico, economico, amoroso ecc.) tramite qualsiasi espediente, lavandosi la coscienza in nome di Darwin e considerandosi attori del progresso collettivo, si sbagliano totalmente (ingannandoci). Il «darwinismo sociale» non può trovare giustificazione, poiché falso il darwinismo scientifico! Un’altra conseguenza riguarda la teoria stessa. Il meccanismo di evoluzione concepito da Darwin prevede che la varietà più adatta, ad un certo punto, elimini le altre. Dal momento che la selezione naturale non opera tale eliminazione irreversibile del più debole, non si vede più per quale mezzo avverrebbe l’evoluzione.

Aggiungiamo ancora che questa «selezione naturale» opererebbe su un organo che è già funzionale. Essa può spiegare il fatto che chi ha un bicipite più grande vince nei combattimenti, ma non può spiegare l’apparizione di questo muscolo. Ciò nonostante, Darwin intendeva spiegare con la sua teoria l’origine di tutte le specie e non una qualsiasi «microevoluzione» all’interno della specie.

Egli dovette abbandonare questa velleità, in quanto la selezione naturale non ha la funzione eliminatoria conferitagli dal celebre inglese. L’esempio più celebre di selezione naturale, quello che compare in tutti i manuali, riguarda la farfalla notturna, la falena della betulla, denominata Biston betularia. In questa specie esistono esemplari di colore chiaro e altri di colore scuro. Nella regione di Manchester, città molto inquinata durante la rivoluzione industriale a causa dei fumi provenienti dagli stabilimenti industriali, si è osservata una regressione della tipologia chiara e un aumento di quella scura, che raggiunse una quota del 98% nel 1895. La spiegazione darwinista è la seguente: gli uccelli sono i predatori naturali delle farfalle che restano appoggiate sugli alberi durante la giornata. Le falene chiare sono più facilmente distinguibili sui tronchi anneriti dai fumi sono dunque catturate più facilmente dagli uccelli e ne diminuisce il numero. Al contrario, le falene scure, che si mimetizzano in virtù del loro colore, sopravvivono.                                                                        Con la pulizia dei fumi degli impianti industriali, le betulle hanno ritrovato il loro colore biancastro e le falene chiare sono ridiventate frequenti nel 1960. In realtà, l’unica conclusione possibile è che  la selezione naturale non ha eliminato la varietà svantaggiata, ne ha solo ridotto la proporzione. Ciò nonostante, questa modifica statistica non ha per nulla alterato le caratteristiche della specie: ha soltanto spostato l’equilibrio tra le due varietà. Si è trattato di uno spostamento provvisorio e reversibile che si è annullato da solo non appena l’ambiente, risanato, ha ritrovato le sue condizioni iniziali.

[1]

Entropia Genetica, la verità sul nostro DNA


 

Un genetista ateo ed evoluzionista studia il Genoma umano dopo che Francis Collins, capo ricerca mappatura genoma, dichiara di credere in Dio. Lui si chiama Jhon Sanford ed è l’inventore della pistola del gene gun, Fa ricerca presso la Cornell University e il suo libro dal titolo “entropia del genoma” rivoluzione la sua vita e la nostra.

Milano 20 settembre – libreria Cultora – via Lamarmora 24, MM Crocetta

L’impossibilità della «macroevoluzione»  


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Dominique Tassot  

Il «gradualismo» rese credibile la concezione di Darwin; ovvero l’idea che l’accumulo di piccoli cambiamenti nell’arco di migliaia d’anni finissero per illustrare il divario che separa i generi o le famiglie. Venne dunque ammessa la visione di una continuità universale nella natura.

Però il vivente è discontinuo, ce lo dimostrano chiaramente l’anatomia, la biologia molecolare e la genetica. Tra il collo di una zebra e quello di una giraffa, per riprendere l’esempio di Lamark, non cambia soltanto la lunghezza, ma anche il numero di vertebre. Per restare flessibile, un collo lungo necessita di un maggior numero di vertebre. In anatomia, si parla sempre di numeri interi. Tuttavia il processo che aggiunge una vertebra al collo di un mammifero non ha nulla in comune con la trazione del dito che allunga un elastico. Darwin, per primo, avrebbe volentieri ammesso che la selezione naturale non è in grado di fornire un qualsiasi organo a una pianta o ad un animale: la selezione naturale si esercita su organi pre-esistenti; non avrebbe saputo spiegarne l’apparizione. Occorreva quindi immaginare un fattore di variazione, oggi si direbbe un «creatore di nuove informazioni». Per questo Darwin aggiunse l’eredità dei caratteri acquisiti, ma dopo le esperienze di Weiseman (1892) , fu necessario abbandonare questo convincimento.

La soluzione di scorta, immaginata dai neo-darwinisti, consiste nel ricorrere alla mutazione aleatoria. Se paragoniamo il genoma ad un lungo messaggio formato da frasi (i geni), composte da parole (i codoni) e da lettere (le basi), possiamo immaginare che le lettere si spostino e modifichino il messaggio: ecco una mutazione. Essa è ereditaria, in quanto influisce direttamente sul cromosoma, che è l’elemento di transito al momento della moltiplicazioni cellulare. Grazie a de Vries, che pubblicò nel 1909 « Specie e varietà, loro origine per mutazione » e soprattutto dopo gli esperimenti condotti da Thomas Morgan (1866-1945) sul moscerino dell’aceto a partire dagli anni venti, siamo riusciti a completare centinaia, anzi migliaia di diverse mutazioni. Per esempio, siamo riusciti a far uscire dei piedi al posto di antenne e viceversa (mutazione antenna-podice) oppure a fare nascere mosche senza ali né occhi, ecc. Nei vegetali, siamo stati in grado di produrre una varietà di arance senza semi e abbiamo costantemente creato nuove varietà di rose o di tulipani.

Esiste in natura la variabilità del genoma; essa è favorita dalla riproduzione sessuata, ma è altresì ben visibile nei batteri. Abbiamo visto apparire varietà di piante resistenti a un erbicida, o microbi resistenti agli antibiotici. Ora però, a settanta anni di distanza, ci rendiamo conto dei limiti della variabilità, spontanea o provocata, negli esseri viventi.

La mutagenesi non è più considerata la strada del futuro per quanto concerne la creazione di varietà domestiche. Nel 2008, nel corso di una conferenza internazionale tenutasi a Roma, il Prof. Maciej Giertych, professore emerito di Dendrologia presso l’Accademia delle Scienze polacca, dichiarava:

«La maggior parte dei laboratori chiudono i loro programmi di mutagenesi. Con questa tecnica è stata ottenuta una quantità molto ridotta di varietà utili, che sono “utili” solo dal punto di vista dell’uomo. Alcune forme nane permettono di bloccare i massi con le loro radici oppure di decorare i giardini con delle rocce. Alcune piante particolarmente sensibili possono servire per controllare il livello di inquinamento. Alcune piante ornamentali sono state private di pigmenti naturali tramite mutagenesi. In ogni caso, le piante ottenute sono biologicamente più povere e meno resistenti dei loro ceppi non mutati. Esse sono state private di caratteri utili nelle condizioni naturali. Sappiamo bene che numerose mutazioni sono deleterie e le temiamo. Noi stessi cerchiamo di proteggerci e di proteggere le riserve genetiche selvatiche di diversi agenti mutageni. Abbiamo limitato gli esperimenti nucleari, le esposizioni ai raggi X, all’amianto. (…) Un adattamento che impedisce a un diserbante chimico di agire è positivo, soltanto nella misura in cui protegge le funzioni esistenti. Non fornisce alcuna nuova informazione che spiani la strada a nuove funzioni o nuovi organi. In questo caso non si riesce a trovare alcuna argomentazione in favore della teoria dell’evoluzione»

     L’evoluzione ci viene sempre presentata come un miglioramento. In realtà però la mutazione è visibile piuttosto dagli albini oppure nei non vedenti nati! I mutanti che vediamo oggi non sono dei superuomini fantascientifici, ma individui segnati da una malformazione congenita oppure dei disabili. I bambini con sei dita oppure le pecore con cinque zampe non sono affatto avvantaggiati, e, laddove possibile, li si sottopone a interventi chirurgici.

Questo insegnamento viene corroborato dagli esperimenti condotti su alcuni batteri. Sono stati scelti questi organismi, in quanto particolarmente sensibili alle mutazioni e in quanto si riproducono in maniera talmente rapida che in una settimana di laboratorio si succedono cinquanta generazioni di questi esseri, ovvero l’equivalente di mille cinquecento anni nell’uomo! Il biologo Richard Lanski, e la sua équipe,  sono famosi per aver intrapreso da quaranta anni,  presso l’università del Michigan, un programma relativo alla mutazione di cinquanta ceppi del batterio Escherichia Coli (il colibacillo). Le variazioni ottenute riguardano tutto al più lo spessore della membrana cellulare e l’assimilazione di alcuni sostrati. Si tratta di adattamenti di scarsa importanza, mai di veri e propri salti evolutivi come potrebbe essere per esempio il passaggio ad un essere pluricellulare. Come si può credere a partire da questi risultati all’apparizione per mutazione di un nuovo organo funzionale nel ceppo che ne era sprovvisto? Come faceva notare ironicamente il Prof. Pierre-Paul Grassé, se si volesse dimostrare la stabilità delle specie, non si potrebbe far meglio di tutti questi esperimenti sulle mutazioni!

In effetti si tratta sempre di cambiamenti di portata minima, che vertono sui caratteri cosiddetti «secondari» come il colore degli occhi, la quantità di peli o la forma del naso nell’uomo, ciò che talvolta denominiamo impropriamente «microevoluzione». Questi fenomeni ben attestati di adattamento oppure variazioni ereditarie restano impossibili da paragonare a quanto sarebbe una «macroevoluzione», ossia un’innovazione organica reale, un salto da una specie ad un’altra che costituirebbe l’evoluzione in senso stretto.

Se ci trovassimo nell’ambito della scienza ordinaria, questa teoria sarebbe stata abbandonata da molto tempo, dato che non sono mai messe in dubbio la variabilità all’interno della specie e la capacità di adattamento del vivente. All’epoca, Darwin ebbe un grande antagonista in Louis Agassiz (1807-1873), uno svizzero specialista di pesci fossili, membro fondatore dell’Accademia delle Scienze americana, colui che ha conferito questo nome all’era «glaciale». Agassiz definiva l’essere vivente proprio in virtù della sia «pieghevolezza», ossia a seguito delle grandi differenze e delle varianti che si notano all’interno della specie tra gli individui: differenze di dimensioni, di forma, di peluria ecc. Pensiamo ai pony delle Shetland, al cavallo da tiro, al chihuahua e al San Bernardo. In questi casi, l’adattamento e la selezione hanno svolto la loro opera. L’idea di Darwin era che questo adattamento andasse nel senso di una «trasformazione», di un passaggio da una specie ad un’altra. Non è nulla di tutto ciò. Tutti i cani hanno lo stesso numero di ossa, posti nello stesso ordine. La grande variabilità della specie non ha nulla a che vedere con la «macroevoluzione», definita come il passaggio da una specie ad un’altra. La grande confusione attuale (volontaria?) consiste nell’attribuzione di tutte le argomentazioni evidenti, derivanti dalle variazioni adattative ereditarie, ad una falsa macroevoluzione (che sarebbe un altro fenomeno, ancora mai osservato). Questa è un’estrapolazione ingiustificata.

In ambito scientifico, un procedimento accettato è l’estrapolazione, per mezzo della quale un’affermazione viene estesa al di là del campo di osservazione. Si ritiene che una regolarità, constatata per un lasso di tempo sufficientemente lungo, continuerà a manifestarsi. La previsione di un’eclissi (estrapolazione verso il futuro) oppure un sondaggio elettorale (estrapolazione di un campione per l’insieme della popolazione), delle estrapolazioni. Tuttavia l’estrapolazione ha senso solo se all’interno di essa si afferma una nozione identica a quella osservata.

In realtà, l’osservazione degli esseri viventi mostra la permanenza delle specie: la variabilità (che è considerevole) resta sempre all’interno della specie. In questo modo le mutazioni provocate nell’arco di decine di anni sulla mosca drosofila o sul colibacillo non hanno mai fatto apparire nulla se non dei drosofili o dei colibacilli. La regola esigerebbe quindi che se ne estrapoli la stabilità della specie in quanto tale. Tuttavia il ragionamento evoluzionista consiste a sostenere che, nel tempo, avverrà il contrario.

Un po’ di umorismo: la parola appartiene all’uomo; essa costituisce pertanto la sua caratteristica principale della quale l’evoluzionismo deve giustificare l’apparizione. Seguendo questa linea di pensiero l’«antenato», l’animale più simile all’uomo, deve essere per forza di cose il pappagallo, l’unico in grado di articolare delle parole (mentre la scimmia è priva di faringe per questo gli esperimenti condotti dagli anni 1930 per cercare di far parlare le scimmie non hanno mai successo). La transizione più credibile tra l’animale e l’uomo dovrebbe quindi passare dal pappagallo, predecessore più vicino all’uomo per quanto riguarda la sua caratteristica fondamentale!

In realtà il pappagallo non parla; pronuncia soltanto dei suoni, ma senza impiegare le zone della corteccia cerebrale proprie del linguaggio, poiché esse non esistono nel suo cervello molto piccolo.

La saggezza, così come la scienza, vorrebbero che venga abbandonata l’idea della macroevoluzione, dato che tutto dimostra che quest’ultima è impossibile!