Al di là del ragionevole dubbio di Darwin


Recensione compilata da Carlo Alberto Cossano, con un ringraziamento particolare a Cristian Puliti

Pensare che l’ultimo bestseller di Stephen C. Meyer “Darwin’s Doubt” (di seguito “DD”) possa essere una mera dissertazione di quasi 500 pagine sull’esplosione cambriana è quantomai riduttivo.

Certo, questo libro – in realtà più simile ad un meticoloso trattato – è effettivamente incentrato sul noto “evento paleontologico consistente nella nascita in un tempo molto ristretto su scala geologica della maggioranza dei maggiori phyla di animali complessi, avvenuta circa 530 milioni di anni fa, nel Cambriano”.

Proprio questo virgolettato, che non è nient’altro che la definizione data dalla [esigua] pagina di  Wikipedia della “detonazione” biologica in questione, introduce nella vera “questione di fondo”, esplorata dal filosofo della scienza americano.

Questa “questione di fondo” appare ancora più chiara se si legge la frase successiva della pagina di Wikipedia:

“I resti fossili di questo periodo segnano una netta differenza tra gli organismi semplici precedenti, unicellulari che vivevano isolatamente oppure occasionalmente organizzati in piccole colonie, e gli organismi pluricellulari successivi; il tasso di evoluzione, misurato attraverso il numero di estinzioni e di nascite di nuove specie, aumentò di un ordine di grandezza e la diversità tra le forme di vita iniziò ad essere simile all’attuale.”

E’ proprio questo aumento di “tasso di evoluzione” – qui apparentemente definito nella maniera più riduttiva che crediamo sia possibile concepire – a rappresentare un evento unico nella storia della vita sulla terra, talmente unico dall’essere definito come un vero e proprio dilemma, tanto per gli scienziati dell’epoca quanto per i successivi, fino ad arrivare ai nostri giorni.

La banalizzazione descrittiva che “miniaturizza” l’evento con le tre parole “organismi pluricellulari successivi”, seppur corretta dal punto di vista della terminologia utilizzata, non rende certo giustizia all’incredibile salto di biodiversità che la demarcazione Cambriana rende palese: dei circa 26 phyla (il singolare “phylum” definisce un rango tassonomico di elevata gerarchia, che contiene altri 5 ranghi inferiori e quindi moltissime “specie”, nei quali “specie” è il rango più basso) che raggruppano e classificano tutti i fossili mai scoperti sul nostro pianeta, ben venti sono comparsi nel corso del periodo Cambriano.

 

La tempistica di questo evento, considerando i risultati biologici prodotti, è definibile tranquillamente come “istantanea”: comparando la storia della vita della terra con un giorno di 24 ore, il periodo che ha contrassegnato l’esplosione Cambriana trascorrerebbe in un solo minuto.

Meyer analizza il contesto delle scoperte che hanno annunciato e poi concretizzato l’occorrenza di questo evento ma, come dicevamo introducendo questa recensione, lo scopo centrale della sua opera non è solo quello di illustrare lo stimolante fascino scientifico dell’esplosione Cambriana.

Vista la mancanza di una spiegazione per un tale evento, una spiegazione che sia unanimemente condivisa ed accettata da parte delle varie scienze coinvolte dall’impressionante “onda d’urto” dei silenti fossili presenti in quegli strati di roccia, Meyer dà il via prima ad una analisi delle stesse controverse spiegazioni e teorie presentate dalla scienza per l’evento centrale del libro.

Successivamente, questa analisi viene ampliata fino al punto di comprendere il merito degli stessi processi evolutivi che ne sarebbero alla base: la loro portata viene quindi rivalutata ed il loro ruolo viene rimesso in discussione attraverso un’intelligente critica, sia nell’ottica della variegata biodiversità emersa in quegli strati geologici che, più in generale, di quella di tutti gli organismi viventi.

Questo “scavo” critico è coinvolgente, dettagliato e “cesellato” come solo Meyer sa fare: le sue analisi sulla logica delle argomentazioni, sul valore filosofico, storico ed epistemiologico delle teorie e sul contenuto tecnico degli aspetti scientifici – che attingono a quasi 40 pagine di citazioni a lavori specialistici o a letteratura specifica – ne fanno non solo un libro eccellente per gli amanti del genere ma lo rendono uno strumento essenziale per chi intende approfondire seriamente i temi presentati.

Il viaggio di Meyer nel mistero dell’esplosione cambriana e nei problemi legati ai meccanismi che cercano di spiegarla è ben più lungo di quello intrapreso dalla pubblicazione del suo ultimo lavoro, “Signature in the Cell” (di seguito SITC).

Questo altro eccellente libro era incentrato sul prodigio scoperto 50 anni fa dalla ricerca scientifica che rappresenta ancora una continua ed esaltante “terra di conquista”, nonostante il mezzo secolo di studi scientifici: il DNA.

La comparsa del DNA, Meyer spiega impareggiabilmente, non è stata tuttora minimamente spiegata, in maniera soddisfacente da un punto di vista scientifico, da nessuna teoria sull’origine della vita e l’unico approccio teorico che è in grado di farlo è quello proposto dal movimento dell’Intelligent Design: questa conclusione è scientificamente valida perché si basa sull’adozione degli stessi metodi adduttivi dell’inferenza alla migliore spiegazione rispetto a molteplici ipotesi concorrenti.

E’ proprio attraverso l’applicazione di questi metodi scientifici, usati per esempio sia da Lyell che dallo stesso Darwin, che Meyer ci spiega e dimostra come l’intelligenza sia una condizione essenziale e sufficente per la produzione di nuova informazione complessa e funzionalmente specificata, ovvero il tipo di informazione contenuta nel DNA (e gestita nelle miriadi di processi cellulari).

Vista l’importanza delle questioni toccate da Meyer in SITC, si potrebbe pensare che forse sono state proprio le critiche piovutegli addosso dopo il suo bestseller ad accendere definitivamente la “scintilla” che lo ha portato a scrivere DD: in sostanza un libro di risposta alle polemiche precedenti.

Tra l’altro, molte di quelle critiche sono “tristemente” famose per essere state mosse senza nemmeno aver letto il libro in questione, quindi in se’ di poco interesse e reale valore, scientifico o argomentativo che sia, e questo viene spiegato e confermato dall’addendo di SITC intitolato “Signature of Controversy”, scritto dall’autore e saggista David Klinghoffer (vedere, per esempio, la prima parte “On Not Reading Stephen Meyer’s Signature in the Cell”).

Ma il fatto che le cose non stiano proprio così viene definitivamente chiarito leggendo le parole dello stesso Meyer nel suo appassionante e promettente prologo, in particolare nel contesto della frase “And this is that book” (“E questo è quel libro”).

Chi conosce la storia meno recente di Meyer, inoltre, sa bene che tutto è iniziato nel 2004, anno della pubblicazione dello studio scientifico agli atti del “Journal” di biologia “Proceedings of the Biological Society of Washington” dal titolo “The origin of biological information and the higher taxonomic categories”.

Quel controverso articolo scientifico non è però noto nel mondo accademico e all’opinione pubblica  americana tanto per il suo contenuto, quanto piuttosto per lo scandalo che ha comportato una serie di eventi tra i quali biechi accanimenti professionali nei confronti di Richard Sternberg, biologo evolutivo del Museo di Storia Naturale dello Smithsonian.

Tra le altre cose, Sternberg venne rimproverato pubblicamente e “castigato” in diversi modi semplicemente per aver validato e pubblicato quello stesso studio: per un’istituzione scientifica così prestigiosa come lo Smithsonian – ma anche, ci sia consentito, per tutte quelle successivamente coinvolte nelle pesanti ed inappropriate critiche e polemiche –  lo scandalo consiste nel fatto che le vessazioni professionali subite da Sternberg non furono mai motivate dalle maestranze dell’istituzione con il palesamento di errori scientifici o tecnici nella pubblicazione da lui validata.

Evidentemente c’era qualcos’altro che andava corretto in quell’articolo scientifico…

Quindi, le analisi e le valutazioni che quella pubblicazione andava a proporre al lettore veramente interessato alle argomentazioni scientificamente valide, indipendentemente da dove queste potevano portare, meritavano una migliore “sorte”, che evidentemente è stata nuovamente concessa.

La sorte, si dice, aiuta gli audaci e Meyer ha intrapreso con audacia il percorso che ha portato a DD.

Il libro presenta quattro principali critiche scientifiche che hanno come obiettivo dimostrare l’inadeguatezza dei meccanismi del neo-darwinismo: Sarebbe complesso riassumere il contenuto quasi enciclopedico di questo libro e vogliamo lasciare al lettore il piacere di scoprirlo e valutarlo appieno, in modo da apprezzare fino in fondo la vera portata del libro di Stephen Meyer.

Senza spiegare come, però, va detto che questi quattro punti, incentrati sui meccanismi descritti dal “dogma” neo-darwinistico, si articolano attraverso i seguenti punti principali:

  1. la valutazione della loro capacità di esplorare in maniera efficiente l’enormemente vasto “spazio funzionale” di geni e proteine;
  2. la valutazione dei tempi che questi meccanismi richiederebbero al fine di ottenere quello che ci si aspetta siano in grado di fare;
  3. la loro adeguatezza nella produzione degli indispensabili disegni anatomici generali degli organismi sia valutando le mutazioni allo stadio ontogenico che…
  4. ad ogni possibile successivo stadio, anche considerando quanto è necessario ad un organismo a livello epigenetico (e quindi al di fuori di quanto viene specificato direttamente nel DNA).

Gli argomenti sono approfonditamente arricchiti da pertinenti e significative citazioni e spesso basate interamente su specifici e recenti studi, nonché estremamente aggiornati sulle scoperte rese possibili dall’avanzamento della scienza nella genetica e nella biologia molecolare, fatto che, ultimamente, ha acceso in maniera inevitabile ancora di più i riflettori sulla plausibilità del neo-darwinismo.

Qual è l’aternativa? Anche questa volta Meyer presenta l’alternativa in grado di colmare gli incolmabili (la ripetizione è voluta) vuoti di inspiegabilità lasciati dal neo-darwinismo e, come già successo con SITC, fa comprendere scientificamente che solo una spiegazione può essere considerata la migliore, anzi l’unica: l’intervento di un’intelligenza.

Una cosa crediamo sia assolutamente chiara del libro di Meyer: come l’evento da cui parte per basare la sua approfondita analisi è “esploso” nel panorama della vita terrestre e nelle menti degli scienziati dell’epoca fino ai nostri giorni, creando un atroce dubbio addirittura nello stesso Darwin – cosa che egli stesso ammise per iscritto (da qui il titolo del libro), così DD può forse rappresentare una sorta di “terapia d’urto” per far capire i profondi limiti del neo-darwinismo ed “aprire le menti” di chi si ostina a scartare l’innegabile intervento di un’intelligenza come spiegazione non accettabile solo perché non allineata con la scelta filosofica di legare (e limitare) la scienza al naturalismo metodologico.

http://evoluzionescientifica.altervista.org/bestseller-di-stephen-c-meyer/