Le bufale di Wired-Pikaia – di Enzo Pennetta


Non avevano fatto in tempo a condividere con Pikaia le idee sulla divulgazione che subito sulla stessa appare un articolo di disinformazione.

Una fiera di luoghi comuni e confusione che mostrano la debolezza delle argomentazioni.

In realtà l’articolo è stato pubblicato su Wired a firma di Stefano Dalla Casa, ma per paura di perdere un’occasione di lanciare degli strali contro gli oppositori del darwinismo su Pikaia si sono affrettati a riportarlo integralmente sul loro sito. Forse proprio non gli era andata giù l’idea che potessimo essere d’accordo con quanto da loro scritto su alcuni difetti dell’informazione scientifica (vedi “Il paradosso della divulgazione“) e hanno subito colto l’occasione dell’articolo su Wired per rimettere a posto le cose.

Purtroppo per loro, ma ancor di più per la corretta informazione scientifica che avevano da poco auspicato, l’articolo di Dalla Casa intitolato “5 bufale dei creazionisti” è un esempio di disinformazione così banale che finisce con l’ottenere il risultato opposto alle intenzioni.

Non è pensabile che una persona informata sul dibattito che si svolge intorno all’evoluzione possa confondere in modo del tutto gratuito gli anti darwinisti con in creazionisti, delle due una: o non sa cosa scrive o è in malafede.  Ma purtroppo questo è proprio quanto viene affermato nella parte iniziale dell’articolo:

….Cosa diversa sono invece quelle bufale diffuse in particolare dai creazionisti o, come amano farsi chiamare oggi nel vano tentativo di rinnovarsi, anti-darwinisti.

Dopo questo inizio che è già in sé un triste esempio di  disinformazione, passiamo ad analizzare uno per uno i cinque punti indicati.

Punto numero 1- in cui Wired-Pikaia individuano le “5 bufale”:

1. L’evoluzione è solo una teoria
La deformazione del significato di teoria scientifica è uno dei cavalli di battaglia storici del movimento creazionista, che essendo da sempre estraneo al dibattito scientifico, deve basare la sua attività su stratagemmi retorici. Dire che “l’evoluzione è solo una teoria” è infatti tanto disonesto quanto, purtroppo, efficace nel giusto contesto.

Il trucco è confondere intenzionalmente il significato di teoria del linguaggio comune (es. in teoria potrei visitare le Galàpagos) con quello di teoria in ambito scientifico. L’evoluzione è una teoria nel senso che non solo è la spiegazione migliore per le osservazioni degli scienziati, ma consente anche di fare delle previsioni che possono essere, e sono, continuamente testate. Ma l’evoluzione è anche un fatto, cioè il cambiamento dei viventi nel tempo, al di là delle modalità specifiche con cui esso avviene, è provato oltre ogni dubbio. Insomma, è una teoria anche quella della gravitazione, ma è un fatto che le persone usano la porta per uscire di casa e non le finestre.

L’ultimo tentativo di dare al creazionismo una facciata meno ridicola e renderlo più accettabile alle nuove generazioni (e ai programmi scolastici) è il famigerato Intelligent Design. Questa pseudoscienza ammette il cambiamento delle specie nel tempo, ma rifiuta la spiegazione naturalistica, ripetutamente confermata, che offre la teoria dell’evoluzione. Le contrappone quindi un non meglio specificato progettista che guiderebbe il cambiamento. Che cos’ha di diverso una teoria scientifica come l’evoluzione, da una pseudoscienza a sfondo religioso come l’Intelligent Design? Una delle risposte migliori che si può dare è nella parodia dell’Intelligent Falling resa celebre da giornale satirico The Onion:

“Le cose non cadono perché agisce su di loro una qualche forza gravitazionale, ma perché un’intelligenza superiore, “Dio” se vogliamo, le spinge verso il basso.”

La disonestà che nell’articolo viene attribuita ad altri è da subito fatta propria dall’articolo stesso nel momento in cui si presentano evoluzione e darwinismo come sinonimi: una persona che si occupa dell’argomento non può non sapere che la teoria di Darwin è una spiegazione dell’evoluzione e che quindi le due cose vanno chiaramente distinte. E qui indichiamo noi una prima bufala dei darwinisti: confondere il fenomeno da spiegare con la teoria che lo dovrebbe spiegare. Per restare nell’esempio proposto da Wired-Pikaia, è come se per contestare la legge gravitazionale di Newton, cosa che di fatto è avvenuto con Einstein, si fosse accusato lo stesso Einstein di negare il fatto che gli oggetti cadono a terra. Questo, ripeto, è disonesto. L’ultima disonestà su questo punto viene commessa riportando le posizioni dell’ID e non quelle dell’antidarwinismo, con buona pace ad es. di M. Piattelli Palmarini che viene relegato con una damnatio memorie alla faccia dell’insistita professione di ateismo fatta all’inizio del su libro.

Punto numero 2-

2. I fossili non hanno mai provato l’evoluzione umana, perché l’uomo di Piltdown era una bufala
Anno 1912: Charles Dawson, un archeologo amatoriale, racconta a un meeting della Geological Society di Londra che quattro anni prima, da una cava di ghiaia a Piltdown (Inghilterra), avevano cominciato a spuntare frammenti di uno strano cranio. Una volta ricostruito, il reperto sembrava unire caratteristiche dell’uomo moderno assieme a tratti primitivi più simili a quelli delle altre scimmie antropomorfe.

Molti lo scambiarono quindi per uno dei fossili di transizione (spesso erroneamente definiti “anelli mancanti“) che ci si aspettava di trovare in base alla teoria dell’evoluzione. Solo nel 1953 fu rivelato pubblicamente che l’ominide non era mai esistito: si trattava di un normale cranio umano dove la mandibola originaria era stata sostituita con quella di un orang-utang. Con ogni probabilità il burlone era lo stesso Dawson, visto che l’uomo di Piltdwon non è il solo reperto dubbio a lui collegato.

Giustamente la comunità paleontropologica fu molto imbarazzata dalle rivelazioni e la bufala di Dawson entrò subito nell’armamentario di propaganda di qualunque creazionista che si rispetti. Come possono pretendere i biologi che crediamo all’evoluzione quando il famoso anello mancante (sic) è solo una bufala?

La dura realtà è che il debunking dell’uomo di Piltdown è stato portato avanti proprio dai biologi, che tra le tante incongruenze avevano notato come il cranio inglese sembrasse molto diverso dai numerosi fossili di ominidi che avevano cominciato a spuntare in giro per il mondo. Ma nella Storia alternativa in cui vivono molti creazionisti, esisterà sempre solo un anello mancante, una scomoda bufala che i furbi darwinisti vogliono nascondere sotto il tappeto per proteggere la loro teoria.

Portare la storia dell’uomo di Piltdown come argomento impiegato per contestare la mancanza di gradualismo (ancora su Wired-Pikaia usano il termine “anello mancante”, bisogna segnalarlo a Marcello Sala..) significa distogliere l’attenzione dal vero problema della discontinuità dell’evoluzione umana che è caratterizzata da lunghi periodi di stasi e salti che la teoria darwiniana nelle sue varie formulazioni fino alla 3.0 non ha i mezzi per spiegare. Questo rappresentato di seguito è il vero problema dell’evoluzione umana, qui si vedono gli “anelli mancanti”, non in uno pseudo problema di comodo come la vecchia faccenda dell’uomo di Piltdown:

Punto numero 3-

L’evoluzione non può avvenire, perché viola il secondo principio della termodinamica
Quando il Demonio ha sussurrato all’orecchio di Darwin la sua empia teoria, non aveva previsto che molti anni dopo Henry Morris, ingegnere del celebre Institute for Creation Research, avrebbe scoperto che è incompatibile con leggi fisiche.

La bufala in questione recita che, stando al secondo principio della termodinamica, il disordine (entropia) di un sistema può solamente aumentare: l’evoluzione, secondo cui l’ordine aumenterebbe nel tempo (per esempio i viventi tendono a diventare più complessi), non può quindi accadere.

Come mai questa sconvolgente rivelazione è presa sul serio solo nella letteratura creazionista, e non dalle riviste scientifiche? Esiste forse un complotto internazionale tra fisici e biologi per impedire che la Verità venga a galla? La realtà è che si tratta ancora una volta di uno stratagemma.

Il secondo principio dei creazionisti non è lo stesso che intendono i fisici, ma una sua versione scimmiottata.

Questo è un altro argomento di comodo che con le posizioni antidarwiniste non ha niente a che vedere, se l’autore è in grado può documentarsi ad esempio con questo articolo che abbiamo pubblicato nell’Ottobre 2012:

Per una nuova biologia coerente con il secondo principio della termodinamica

Punto numero 4-

Strutture come il flagello batterico hanno una complessità irriducibile
La storia del secondo principio della termodinamica dimostra l’amore dei creazionisti per le parole scientifiche, e a volte infatti provano a inventarne di nuove. L’espressione “irriducibile complessità” è stata coniata dal biochimico creazionista Michael Behe ed è centrale alla dottrina dell’Intelligent Design.

Esisterebbero in natura delle strutture che non possono essersi evolute per selezione naturale: troppo complesse per essersi formate in passi successivi, generazione dopo generazione, come vorrebbero i biologi. Un esempio sarebbe offerto dal flagello batterico, una perfetta macchina in miniatura dove ogni parte è fondamentale per il suo corretto funzionamento.

L’espressione è nuova, ma il concetto è in realtà lo stesso da secoli: quando una struttura naturale ci sembra progettata, dobbiamo per forza presumere che dietro ci sia un progettista. Behe non ha mai pubblicato le sue elucubrazioni sulla letteratura scientifica, come Morris ha usato direttamente il canale della divulgazione e, a volte, dell’editoria scolastica alternativa, scavalcando così ogni inconveniente della revisione dei pari.

Quando nei primi anni 2000 scattò l’offensiva dell’Intelligent Design, gli scienziati furono però costretti a prendere in considerazione questo materiale che rischiava di diventare materia di insegnamento nelle scuole. Nel processo, Kitzmiller v. Dover Area School District fu dimostrato che, per ogni esempio di irriducibile complessità citato da Behe, esistevano moltissimi studi scientifici che si erano occupati di studiare la loro origine evolutiva. Studi che il biochimico, evidentemente, aveva deciso di ignorare.

Sui casi che un gadualismo e selezione hanno difficoltà a spiegare l’articolo non risponde con una sua spiegazione ma rimanda ad una sentenza. Un po’ evasivo come argomento. Allora ricordiamo in che modo il CICAP ha pensato di sistemare la faccenda proponendo un esempio che otteneva il risultato opposto, ne abbiamo parlato nel Giugno 2012 in “Amici del CICAP: che ne direste di proporre il darwinismo nell’ora di religione?” di cui riproponiamo una parte:


Ma eccoci al punto centrale del discorso, il ragionamento da cui parte l’ID per negare la validità della spiegazione neodarwiniana dell’evoluzione, quello della trappola per topi, un meccanismo che senza uno solo dei suoi componenti non potrebbe funzionare. Questa parte dell’ID è valida come elemento contro il gradualismo, a prescindere dall’esistenza o meno di un progettista. Ma la confutazione dell’obiezione basata su questo esempio della trappola per topi finisce per essere controproducente, in altri termini una specie di “autogol”. La ricostruzione della trappola che funziona passo dopo passo aggiungendo un pezzo alla volta è infatti del tutto irrealistica, e andiamo a vedere perché. L’esempio proposto alla conferenza del CICAP è disponibile sul sitohttp://udel.edu/~mcdonald/mousetrap.html:

1) Primo passaggio evolutivo della trappola:

Mousetrap number 1

Domanda: ma la molla chi la fa scattare? Oppure scatta in continuazione (mossa da cosa?) finché casualmente un topo non si trova a passare per il buco? E quale topo passerebbe mai di lì se la molla scatta in continuazione? Evidentemente questo è ciò che i darwinisti ritengono convincente, stando così le cose noi siamo sempre più convinti che ci stiano prendendo in giro.

2) Secondo  passaggio evolutivo della trappola:

Mousetrap number 2

Idem come sopra. Il movimento della trappola è un vero miracolo.

3) Terzo passaggio evolutivo della trappola:

Mousetrap number 3

Qui siamo all’autoconfutazione dell’argomento, infatti viene candidamente ammesso che nei primi due passaggi la trappola non poteva funzionare in quanto nessun topo sarebbe passato senza un’esca allettante per un posto dove una misteriosa molla stregata si muove inopinatamente.

4) Quarto passaggio evolutivo della trappola:

Mousetrap number 4

Qui la molla si è “sdraiata”, continuando a muoversi senza nessun dispositivo che provochi lo scatto. Pare che così prenda più topi…

5) Quinto passaggio evolutivo della trappola:

Mousetrap number 1

Adesso il dispositivo è finito su una tavoletta di legno, così oltre a poter essere spostata non si fanno buchi su pavimento “Attaching the spring to a piece of wood is even better, since it’s easier to move around, doesn’t leave holes in the floor…” Ma a chi importa se si fanno o no buchi sul pavimento? Al padrone di casa ovviamente: ma chi è questo padrone di casa? Questo non è ipotizzare un “intelligent design”?

6) Sesto passaggio evolutivo della trappola:

Mousetrap number 7

Saltiamo un passaggio (che si può trovare al link sopra indicato), giungiamo finalmente al punto in cui viene inserito il meccanismo di scatto. In sua assenza, come detto sopra, la trappola deve scattare a “casaccio”, senza che ci sia la certezza che un topo sia presente, questo significa che finora la trappola non poteva semplicemente catturare nessun topo! Provar per credere: se scatta in continuazione i topi non si avvicinano, se scatta alla cieca non ne catturerà mai nessuno. Va comunque detto che il meccanismo raffigurato non funziona in quanto i tratta solo di un filo che non si sa come sia fissato e perché ad un certo punto lasci libero il meccanismo. Altro miracolo.

7) Ultimo passaggio evolutivo della trappola:

Mousetrap number 3

Solo adesso si capisce come possa scattare la trappola! In pratica finora nessuna delle soluzioni proposte poteva funzionare. L’argomento portato dal CICAP è dunque a favore della tesi dei sostenitori dell’ID: esistono meccanismi che non possono essere realizzati con il gradualismo.


Punto numero 5-

Darwin rinnegò il suo lavoro sul letto di morte
A volte i peggiori nemici possono diventare i migliori alleati. All’inizio del secolo scorso cominciò a circolare la storia dell’evangelista Lady Hope. La donna avrebbe visitato Charles Darwin prima della sua morte nel 1882 e lo scienziato le avrebbe fatto una rivelazione sconvolgente: non avrebbe mai dovuto pubblicare il suo lavoro. Si trattava solo di idee di un giovane immaturo, ma il mondo ne aveva fatto una religione.

Secondo il racconto di Lady Hope, Darwin reggeva in mano una Bibbia e le avrebbe parlato di quanto era splendida l’opera del Signore. Da ultimo le chiese di venire il giorno dopo e di usare una casa nel suo giardino per parlare al personale e ai vicini di Gesù Cristo e della salvezza che possiamo trovare in lui. Darwin, agnostico, non solo si sarebbe quindi convertito in punto di morte, ma avrebbe anche rinnegato il lavoro di una vita, affidando questo importante testamento spirituale a una persona praticamente sconosciuta.

Qui dobbiamo essere riconoscenti a Wired-Pikaia per aver portato a conoscenza di un aneddoto che finora ci era sfuggito (e meno male che si dovrebbe trattare di una delle “leggende più diffuse”!). Ma ancor di più dobbiamo essere riconoscenti per aver implicitamente confermato che la figura di Darwin serve a qualcuno per fare propaganda per l’ateismo, del resto la sponsorizzazione UAAR dei Darwin Day era più che sufficiente a dimostrarlo. Quello che Dalla Casa-Wired-Pikaia dovrebbero invece ricordare è che non fu Darwin a rinnegare la teoria ma A.R. Wallace, e certamente non per motivi religiosi ma con argomenti che sono ancora oggi validi:

Ma esistono altre facoltà umane che non riguardano i rapporti con i nostri simili, e che non possono, pertanto, essere spiegate nel suddetto modo (la selezione naturale N.d.r.). Queste sono le capacità di formare concetti astratti di spazio e tempo, di eterno e di infinito -la capcità di provare un’intensa emozione artistica per la forma, il colore e la composizione- e la capacità di elaborare le nozioni astratte di forma e di numero che rendono possibile la geometria e l’aritmetica.

Come sono riuscite tutte queste facoltà, o anche solo alcune di esse, a emergere la prima volta in un’epoca in cui non sarebbero state di alcuna utilità per l’uomo nella sua primitiva barbarie?

F. Focher, L’uomo che gettò nel panico Darwin – B.Boringhieri, pag. 189

In conclusione proprio quando il portale dell’evoluzione aveva fatto un passo per promuovere la correttainformazione scientifica è caduto nella più scadente disinformazione.

Un’occasione persa per spiegare ai lettori quali siano i veri termini della questione e un’occasione purtroppo colta al volo per mostrare che il dibattito non si svolge correttamente.

Per informazione delle redazioni interessate, prossimamente si svolgerà un’iniziativa in cui le posizioni del creazionismo e dell’ID si confronteranno con quelle dell’antidarwinismo, un’occasione in cui si mostrerà come quest’ultima, rappresentata da CS, sia incompatibile con le altre due. Nei prossimi giorni verranno indicati giorno e luogo  del confronto. Rappresentanze di Wired e Pikaia se vogliono potranno assistere per evitare futuri episodi di cattiva informazione come quello oggetto del presente articolo.

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2 pensieri su “Le bufale di Wired-Pikaia – di Enzo Pennetta

  1. Mi suscita tristezza vedere come persone di scienza, da cui ci si aspetterebbe un approccio pragmatico , possano scadere invece nel dogmatismo più intransigente. Peccato perché viene meno quell’onestà intellettuale che invece è fondamentale nella ricerca. Si assiste ad una guerra di parole dove non si risparmiano i colpi bassi. Si dicono cose false, si attribuiscono concetti all’altro senza documentarsi. Questa levata di scudi a prescindere, senza entrare nel merito degli argomenti proposti mi provoca un senso di smarrimento. Possibile che dopo tanti episodi drammatici, dopo tanta sofferenza (la storia insegna), ancora l’uomo non sia capace di confrontarsi su idee, ipotesi, teorie, speculazioni, separandoli efficacemente dai fatti accertati e accertabili?
    Sarà un ovvietà ma mi rende triste.
    Per me scienza significa ricerca della verità, consapevolezza del dubbio, prontezza a modificare le proprie convinzioni se i fatti indicano un’ altra direzione.
    Ringrazio Fratus e le persone che collaborano con lui per l’impegno, la dedizione, l’onestà con cui si sforzano di confrontarsi sul tema fondamentale dell’origine della vita e del suo sviluppo nel tempo.

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