di Nicola Berretta
L’ID È IN TUTTO E PER TUTTO DEFINIBILE UNA TEORIA SCIENTIFICA?: Al di là dunque delle critiche di carattere ideologico, occorre a mio avviso riconoscere la piena legittimità scientifica della critica portata dall’ID all’evoluzionismo darwinista. L’ID è infatti una voce discordante che si oppone al coro auto-referenziale di coloro i quali ritengono che la complessità della natura sia completamente spiegabile da un gioco di variazioni casuali vagliate dalla selezione naturale. L’ID è dunque, prima di ogni altra cosa, un’obiezione razionale a questa semplificazione meccanicistica, una denuncia del fatto che l’equazione darwinista non può di per sé spiegare il prodotto finale che osserviamo nel mondo naturale.
Detto questo, occorre però anche chiedersi se l’ID, oltre a essere una lecita «denuncia», possieda anche le caratteristiche che le consentono di porsi come teoria alternativaall’evoluzionismo.
A questo riguardo, cito per esteso un brano tratto dell’articolo di Allen Orr, apparso sulla rivista «Le Scienze»: «…Sebbene spesso si immagini la scienza come un insieme di brillanti teorie, gli scienziati in genere sono solidi pragmatisti: per loro, una buona teoria è quella che ispira nuovi esperimenti e fornisce intuizioni inattese su fenomeni noti. In base a questo standard, il darwinismo è una delle migliori teorie nella storia della scienza: ha prodotto innumerevoli esperimenti e fornito intuizioni inaspettate su questioni enigmatiche. In quasi dieci anni dalla pubblicazione del libro di Behe, invece, l’ID non ha ispirato nessun esperimento interessante, o fornito spunti sorprendenti per la biologia. Con il passare degli anni, l’ID sembra sempre meno la scienza che aspirava a diventare e sempre più un prolungato esercizio di polemica».[4]
Personalmente mi sento in larga misura di condividere questa affermazione. Come ho già scritto più approfonditamente in precedenza[5], l’idea che le persone comunemente hanno delle teorie scientifiche è molto più vaga e sospesa per aria rispetto a quella che hanno gli scienziati (per «scienziati» intendo quelli che stanno in laboratorio, non quelli che chiacchierano in televisione). Le teorie scientifiche non sono un valore in sé, ma sono tali quando costituiscono una piattaforma razionale su cui poter fare previsioni, verificabili tramite appropriati esperimenti. L’approccio dello scienziato nei confronti di una teoria scientifica è dunque molto più «laico» di come lo si ritiene. Allo scienziato la teoria non gli serve a navigare sopra ai massimi sistemi, ma per pianificare degli esperimenti verificabili oggettivamente. Da questo punto di vista, Allen Orr ha ragione a evidenziare l’indubbio contributo che le teorie di Darwin hanno fornito per le ricerche in campo biologico. Purtroppo però, al pari di tanti altri biologi evoluzionisti, l’autore dimentica di dire che quegli esperimenti, ispirati dalle teorie di Darwin e verificati col metodo scientifico, riguardano solo aspetti micro-evolutivi, e il ritenerli una conferma delle modificazioni macro-evolutive è solo frutto di estrapolazioni ideologiche, non avendo alcun fondamento scientifico. Pur riconoscendo i limiti reali entro cui hanno operato, occorre però riconoscere che le teorie di Darwin sono state una fonte d’ispirazione di esperimenti scientifici verificati sperimentalmente, che hanno portato a notevoli progressi nelle nostre conoscenze in campo biologico. Al contrario invece l’ID non offre alcun «punto d’appoggio» per ricerche sperimentabili e, soprattutto, non si espone a nessuna possibilità di verifica.
Se torniamo infatti all’esempio del «pianeta X», fatto nell’introduzione, si può osservare come, in quel caso, le incongruenze nelle misurazioni teoriche portarono a prevedere la posizione esatta, dove l’ipotetico pianeta sconosciuto avrebbe dovuto trovarsi. Questo permise a un altro astronomo di verificare la teoria, puntando il telescopio verso quella direzione. In quel caso dunque la «denuncia» di incongruenza nell’equazione ha effettivamente costituito la base per una teoria scientifica verificabile sperimentalmente. Al contrario, dire che l’equazione darwinista è insufficiente e richiede un fattore di «progettualità razionale», per quanto costituisca una legittima denuncia d’incongruenza, non fornisce alcuna base per la verifica sperimentale di questa affermazione.
Il maggiore filosofo della scienza del 20° secolo, Karl Popper, ha affermato: «Può essere oggetto di indagine scientifica solo un’ipotesi di cui è possibile dimostrare il contrario». La confutabilità, la possibilità cioè di falsificarla, costituisce dunque un criterio indispensabile per poter considerare scientifica una teoria. Essere in grado di dimostrare sperimentalmente l’esistenza di un «progettatore razionale» sarebbe equivalente alla possibilità di dimostrare l’esistenza di Dio, Dio però non rientra nell’ambito delle ipotesi dimostrabili scientificamente, in quanto non è confutabile sperimentalmente.
Ritengo dunque importante affermare con estrema chiarezza che l’ID costituisce una critica scientificamente legittima all’efficacia delle teorie di Darwin nello spiegare tutta la complessità del mondo naturale, ma allo stesso tempo l’ID non può proporsi come una teoria scientifica alternativa all’evoluzionismo.