PICCOLI ANTIEVOLUZIONISTI CRESCONO/1°parte


Scritto da Amedeo Da Pra

Amedeo Da Pra è uno studente  del liceo classico di Milano “Tito Livio.” 

Ha molto da insegnare, nonostante  di anni ne abbia solo 15. Leggete un pò……

Piú volte nelle lezioni ho sentito usare esempi di selezione naturale come prova della teoria evolutiva.

Indipendentemente dal fatto che il meccanismo spiegato per rendere credibili i cambiamenti macroevolutivi sia vero, mi sembra alquanto impreciso usare esempi di selezione naturale come dimostrazioni della teoria evolutiva, in quanto fenomeni diversi, anche se ipoteticamente correlati.

 Adattamento e selezione naturale

Il fatto che gli animali si adattino non vuol automaticamente dire che un determinato organismo si sia evoluto.

Ecco perchè: dato che il neodarwinismo sostiene che gli appartenenti al regno animale siano venuti da un antenato comune e più semplice, a sua volta venuto dalla materia inorganica, esso deve dare una spiegazione di come un organismo sia sia “complessificato” e di conseguenza abbia avuto un aumento di informazione funzionale nel genoma. I darwinisti parlano di mutazioni, ma di esse non mi soffermerò in questo lavoro. Adesso infatti vorrei parlare di come esempi di selezione naturale vengano erroneamente utilizzati per provare l’evoluzione.

Nessuno nega la selezione naturale: credo sia la cosa più ovvia che si possa immaginare. Il più forte ha più probabilità di vivere rispetto al più debole; però questo non spiega l’origine delle specie in quanto bisogna spiegare come sia arrivato il forte e come sia arrivato il debole. Ecco perchè poi si parla di variazioni, e al giorno d’oggi, grazie alle nozioni di genetica, di mutazioni.

Il fatto che nei libri di testo ci siano esempi di selezione naturale, che non operano nemmeno con l’uso delle variazioni, fa credere che tali esempi provino processi macroevolutivi, tramite l’estrapolazione di quelli microevolutivi.

Lasciando stare la reale funzione delle variazioni (che io, aderendo alla tesi di molti genetisti, non credo possano spiegare processi di complessificazione), ritengo che esempi come i fringuelli di Darwin o le falene siano unicamente constatazioni della sopravvivenza del più forte: il fatto che una falena bianca aumenti di numero nella popolazione rispetto alla falena nera, non è esempio di evoluzione, perchè avviene semplicemente una selezione tra organismi selezionabili, quindi esistenti. Quando invece parliamo di antenato comune, non abbiamo le specie odierne che possono essere selezionate. Nel primo caso abbiamo già esistenti i due organismi, nel secondo dobbiamo spiegare come l’altro organismo si sia originato.

Non vorrei essere frainteso, adesso non sto criticando l’assioma primario (mut.+sel.nat.=tutta la varietà animale), ma esempi che credono di provarlo senza fare appiglio alle variazioni.

Quando si parla di batteri che si “evolvono”, almeno in questo caso abbiamo i due fattori: la sel.nat. e le mutazioni; invece nel caso delle falene vediamo solo che tra l’animale bianco e l’animale nero, uno sopravvive meglio dell’altro; è come se dicessi che avendo due cani, uno displasico e l’altro no, quello displasico in natura morirà prima, vero, non lo metto in dubbio, ma questo non spiega come da un batterio e-coli si passi ad un essere umano, dotato di organi e strutture infinitamente complesse.

Qui si confonde sopravvivenza e cambiamento. Non credo ci siano discussioni sul fatto che l’osservazione delle falene dimostri solo che alcuni organismi siano più adatti a sopravvivere rispetto ad altri.

Tutti gli esempi di adattamento (adesso lasciamo stare le mutazioni), sono casi di selezione naturale che operano su delle variazioni esistenti nella specie, già presenti nel pool genetico.

Il processo della selezione naturale porta solo ad una perdita dell’informazione, come ci indica la parola stessa “selezione”, prendiamo come esempio l’antenato comune tra lupo e cane (l’antievoluzionismo serio, non nega che diversi gruppi, in inglese “kinds”, una classificazione intermedia tra specie e genere, abbiano un antenato comune; infatti la variazione all’interno del kind si più spiegare con una perdita di informazioni, mentre per dimostrare un antenato comune a tutti gli organismi viventi serve un processo che permetta una aggiunta di informazioni utili nel dna).

Poniamo che questo antenato comune tra lupo e cane avesse una varietà genetica riguardante la lunghezza del pelo (come l’uomo ha la varietà genetica nella diversità del colore degli occhi, poniamo che questo antenato la avesse con il pelo, nelle varietà lunga e corta). Presumiamo che questo primo antenato avesse il pelo medio (LS), il gene L (long) contiene l’informazione per il pelo lungo, e il gene S (short) contiene l’informazione per il pelo corto.

I cani LS, riproducendosi, possono avere una prole sia dal pelo lungo (LL) che dal pelo medio (LS) che dal pelo corto (SS). Nel caso in cui la temperatura calasse, i cani dal pelo lungo (LL), sopravviverebbero. Ecco spiegata la variazione senza evoluzione: l’antenato comune dell’intera specie aveva già la varietà genetica su cui la selezione naturale poteva operare: nessuna nuova informazione creata, proprio quello di cui l’evoluzionismo avrebbe bisogno.

Dall’esempio dei cani vediamo che: 1) Sono adesso adattati all’ambiente 2) sono più “specializzati” rispetto al loro antenato 3)Tutto ciò è avvenuto con la selezione naturale 4)Nessun gene nuovo è stato aggiunto 5) I geni sono stati rimossi dal pool genetico, l’opposto di ciò che l’evoluzione vuole provare: l’origine del pool genetico, non la sua degenerazione. 6) Adesso la popolazione è meno capace ad adattarsi rispetto ai suoi antenati, in quanto gli esemplari hanno perso l’informazione del pelo corto (SS).

 cani

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